Quaresima II

Cari amici della Spigola,
tonniamo a riflettere sulla Quaresima, come già iniziato qualche giorno fa partendo dal corona VAIRUS.
La Chiesa, questa realtà millenaria, da un paio di millenni ci fa meditare tutti gli anni nel tempo di Quaresima sul sacrificio di Cristo.
Perché dovrebbe interessarmi?
A me personalmente interessa innanzitutto se rende più fluida e semplice la mia vita oggi.
Fluido nel lavoro, semplice nell’espressione dei miei sentimenti, sincero nei miei affetti, magari anche buono se proprio vogliamo esagerare.
Attraverso le letture della liturgia di Quaresima, la Chiesa ci pone davanti la figura di Gesù: don Giussani nel testo “Dalla liturgia vissuta una testimonianza” dice che “tutta la fede è nella faccia che assumiamo, è nello sguardo che portiamo di fronte a questa persona, nella reazione che abbiamo a questa presenza”. Non ci sono strade privilegiate, metodi particolari o giusti: ognuno a partire dalla propria vita può iniziare a immergere la propria immaginazione in quest’uomo.
Ad esempio la circostanza del corona virus è interessante perché mette a nudo la fragilità della condizione umana, anche se questa malattia non è mortale come fu l’epidemia di influenza “Spagnola” che nel periodo 1918 – 1920 fece 500.000.000 (cinquecento milioni) di contagi e 100.000.000 (cento milioni) di morti.
Qualsiasi cosa stiamo facendo, chiunque siamo, desideriamo la vita e cerchiamo (consapevolmente e colpevolmente, oppure inconsapevolmente) di rimandare il problema della morte a “più in là”.
Invece “diman, per lieve forza” saremo costretti a prendere in considerazione il fatto che purtroppo non siamo padroni di 1 minuto della nostra vita.
Perciò la Quaresima inizia col Mercoledì delle Ceneri.
E questa è una cosa pesante da digerire.
Se riusciamo a mantenerci scienziati ancora per un po’ dovremmo ammettere che questa disarmonicità, questa incongruenza tra ciò che sentiamo, desideriamo, esiste in svariati campi.
Sicuramente il problema della malattia e della morte è il più evidente: siamo costretti a passare un’esperienza orribile che è inevitabile, ingiusta, imposta.
Potremmo chiamarla anche “linea di separazione” tra ciò che desidero e tutto ciò che mi circonda come ad esempio avviene nell’incomprensione che si genera tra le persone soprattutto nei temi più profondi come l’amore, l’amicizia, la politica, gli ideali, la religione. Ci facilitano alcuni artisti, a me facilita soprattutto Leopardi in Aspasia:

“Non sai
Che smisurato amor, che affanni intensi,
Che indicibili moti e che deliri
Movesti in me; nè verrà tempo alcuno
Che tu l’intenda. In simil guisa ignora
Esecutor di musici concenti
Quel ch’ei con mano o con la voce adopra
In chi l’ascolta.”

Chi non ha mai fatto questa esperienza? C’è una linea di separazione, di comprensione tra il soggetto e l’oggetto. Oppure pensiamo a Gesù nell’Orto degli Ulivi, incompreso dai suoi più vicini, che constata amaramente “Lo spirito è forte ma la carne è debole” o a San Paolo nella lettera ai Romani:

“Poiché, ciò che faccio, io non lo capisco: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. Ora, se faccio quello che non voglio, ammetto che la legge è buona;  allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. Difatti, io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no. Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?”

Questi primi esempi secondo me sono il segno della presenza di “qualcosa” di non misurabile e non contenibile che si chiama libertà: la libertà non fa scelte perfette, si muove in maniera sempre inaspettata e non è gestibile.
Sorgono tante domande, a me la prima è: allora come faccio ad accorgermi? Perché mi accorgo? Come direbbe l’amico Leopardi “Io che sono?”

Qui lasciamo un attimo di SUSPANCE in attesa di conoscere il nome dell’assassino.
Ma ci tonneremo presto con altri esempi ed effetti speciali.

Tonno subito