Quattro parti e un po’ di bene comune (si spera)

Chi l’avrebbe detto? Come si fa? Che paese!? E ora?
Questi sono i commenti più presentabili all’indomani delle elezioni politiche. Peggiori sono i giudizi degli osservatori internazionali (Italia a rischio Grecia), mentre le borse e gli speculatori internazionali hanno già scommesso sul fallimento del nostro paese.
Il rischio è forte. Infatti, le elezioni dei giorni scorsi non solo non hanno dato un governo stabile alla nostra nazione, ma hanno consegnato un’Italia spaccata in quattro parti numericamente omogenee:
  1. un’Italia bersaniana, erede della grande e nobile tradizione del PCI, che ha provato a costruire qualcosa di nuovo con le primarie. Gente che crede sul serio nel valore dell’uguaglianza e della giustizia sociale. Aveva la vittoria in mano, ma si è trovata a rivivere i fasti della gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto. E’ un’Italia presuntuosa però, che sa tutto e conosce tutto. E’ un’Italia che, quando perde, non ha colpe, ma sono gli italiani che non l’hanno capita.
  2. un’Italia berlusconiana, più popolare e – forse – più ignorante della prima. Che bada al sodo e al soldo. E’ un’Italia multiforme: ci sono grandi evasori e persone comuni; ci sono le massaie cresciute a “il pranzo è servito” e sognatori di una rivoluzione liberale costantemente mancata; ci sono i difensori della persona idolatrata del leader e persone che, non convinte dal resto del contesto politico, hanno comunque votato per l’unica parte che potrebbe difendere una certa idea di società e di mondo. A tutto questo si deve associare Silvio Berlusconi, che resta un genio assoluto della comunicazione.
  3. un’Italia grillina, idealista e ideologica. Figlia delle lotte no TAV, delle ideologie post-comuniste ed ecologiste, dei centri sociali e delle aree radicali. Tuttavia, se fosse stato solo per loro, Grillo sarebbe stato ininfluente. Il comico genovese – invece – facendo leva sull’Inverno del nostro scontento, ossia l’avversione diffusa per una classe politica inetta, ha reso un movimento informe il primo partito del paese.
  4. un’Italia altra, quella silenziosa. Sono quelli che non condividono le battaglie contro i politici fatte da Grillo, e pensano che nessuno li rappresenti più. Sono tanti (un quarto degli italiani) e sono un segno che l’Italia si sta allineando alle altre democrazie mondiali (dove vota sempre meno gente). A questi vanno aggiunti alcuni soggetti politici ininfluenti: il centro di Monti, che raccoglie pochi consensi tra la gente, ma molti apprezzamenti tra i soloni delle cancellerie estere e dei salotti borghesi non schierati con Bersani; lo schizofrenico Oscar Giannino e il magistrato comunista Ingroia, che ha trascinato nel baratro i suoi ex(?) colleghi Di Pietro e De Magistris.
Questa è un’analisi. Ma cosa fare in questo parlamento a macchia di leopardo (non si infierisca sul giaguaro)? La risposta esatta non ce l’abbiamo e non vola neanche nel vento, caro Bob… Però un tentativo possiamo farlo ugualmente. Posto che le condizioni per alleanze realmente omogenee non ci sono, forse l’unica soluzione potrebbe essere, come dice Gaber, smettere di «continuare ad affermare un pensiero e il suo perché con la scusa di un contrasto che non c’è» e provare a costruire dove si è (lavoro, scuola, università, casa di riposo), senza pregiudizi e rispettosi delle idee degli altri, un po’ di quel bene comune tanto sbandierato, ma poco considerato. Torniamo ad occuparci della polis. Torniamo – quindi – a far politica!

Pesce Persico & Donzella