Quel bus numero 21

Alcune considerazioni di ritorno da una visita al Parlamento Europeo di Strasburgo

Strasburgo e l’Alsazia sono una terra molto particolare: alla morte di Carlo Magno (814) passano sotto il controllo tedesco fino alla conquista francese con Luigi XIV, il “Re Sole” nel 1681. Non passano neanche 200 anni e nel 1871 i tedeschi sconfiggono i francesi e riconquistano l’Alsazia, vietando l’uso della lingua francese e costringendo così una significativa parte della popolazione a rifugiarsi in Francia. Il dominio tedesco però dura poco, perché nel 1918, alla fine della prima guerra mondiale, l’Alsazia torna alla Francia, per essere poi occupata di nuovo dai tedeschi dal 1940 al 1945, durante la seconda guerra mondiale, al termine della quale torna definitivamente ad essere francese.
Come si può ben capire, questo continuo avvicendamento di “conquistatori” si riflette pesantemente sulla popolazione, che non solo è costretta a cambiare con frequenza lingua, istituzioni, moneta e quant’altro, ma soprattutto non è mai vista di buon occhio dai nuovi arrivati, che si sentono “liberatori” di una terra che apparteneva loro, ma è ora abitata da “stranieri”.
Per questo motivo, quando comincia a farsi strada l’idea di una qualche forma di “comunità europea”, soprattutto – anche se non solo – nel tentativo di far cessare le guerre che hanno insanguinato il continente europeo da tempo immemorabile, per lo più a causa di nazionalismi incontrollati, viene scelta come una delle sedi delle Istituzioni europee proprio Strasburgo.
Oggi, a quasi settant’anni dalla fine della guerra, quel tentativo di portare la pace dove sembrava impossibile può dirsi realizzato, come ci attesta il premio Nobel per la pace ricevuto nel 2012 dall’Unione Europea, e il simbolo di quel “miracolo” è senza dubbio il bus urbano n. 21 di Strasburgo, che ha un capolinea in Francia e l’altro a Kehl, in Germania, sull’altra riva del Reno.
Certo, l’Istituzione Europa così come è oggi non offre solo luci ma anche ombre: vedere 751 eurodeputati votare sulle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati o su tachigrafi e disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, sapendo che si tratta di norme che in molti casi, anche se approvate, resteranno lettera morta perché non vincolanti per i paesi membri lascia un certo amaro in bocca: un’Europa a marce ridotte serve a poco. Meglio smontarla del tutto, o meglio spingere nella direzione di veri e propri “Stati Uniti d’Europa”? Utopia? Forse, eppure non molti anni fa’ nessuno avrebbe creduto possibile un bus numero 21…

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