QUESTI O QUELLI PARI SONO?

La frequente e ormai abituale (tant’è che ormai ci lascia indifferenti) rotazione degli eletti tra le varie formazioni partitiche, fatta spesso di andata e ritorno o di semplici giri di valzer, tra pentimenti e musi lunghi, ingenera negli elettori un’analoga oscillazione nel voto, oggi ad un partito o lista che sia, domani ad un altro, o per seguire il proprio padrino o per convenienza, o per assenza totale di riferimenti e forti ideali. Ai travasi tra le liste corrispondono i travasi nelle urne. Questo è il vero scollamento con la cultura politica da parte del cittadino comune. Pare proprio che i cittadini rispetto al passato siano meno legati ad un simbolo, ad un’idea forte di partito. C’è chi giudica positivamente questa ‘leggerezza’ del voto, segno di una libertà …matura (!?), ma è innegabile che una latente o palese instabilità sia indice di una perdita di punti fermi che sappiano cementare e amalgamare un elettorato e conservarne una certa consistenza numerica. I partiti, come è loro mestiere, si rivolgono a tutti gli elettori ma questi poi si dividono secondo una qualche sintonia con la proposta culturale ed ideale di ciascun partito. A livello locale interagiscono altri fattori, non più quelli ideali, che spesso nelle contingenze di una realtà locale vengono come sospesi; entrano in gioco elementi emozionali, sentimenti, rancori, rivalsa, cordate familistiche, forme di appartenenze trasversali, problemi pratici legati al vivere quotidiano. Tale diversità dai più viene giustificata con la differenza tra la realtà amministrativa e quella politica, una differenza che in realtà regge fino a un certo punto, perché spesso e volentieri un’amministrazione non disdegna di privilegiare rapporti con alcuni livelli politici piuttosto che con altri, quando deve dialogare con Enti o Istituzioni presenti sul territorio o con livelli nazionali; in tal caso ogni scelta o non scelta diventa un atto politico, checché se ne dica.

Moscardino