Ricostruire?

Da bambina avevo un incubo ricorrente. Un’enorme costruzione di Lego, enorme come solo nei sogni di un bambino può essere, in cui mi accorgevo che c’era un pezzo sbagliato all’inizio: era tutta da smontare e da rifare. Non so se avete presente quant’è difficile smontare un castello di Lego ben compatto: i pezzi lunghi e piatti sono praticamente impossibili da staccare senza distruggersi le dita!
È l’angoscia con cui mi sono alzata nella mattina post-elettorale.
Una possibile ingovernabilità che non ci possiamo permettere.
Ma soprattutto un Paese che non riesco a comprendere, che si porta addosso dei rancori e delle colpe di tutti e di nessuno; dove tutta l’inventiva, la creatività, il protagonismo, l’appartenenza che sono propri del popolo italiano si sono ripiegati su se stessi, nel difendere il proprio orticello (Lega) o nel protestare contro l’intero sistema (5 stelle).
Un’amica – cresciuta nelle scuole salesiane – mi diceva l’altro giorno che non ha senso difendere il valore delle scuole private se tanto lei non guadagna abbastanza per mandarci i suoi figli. È la fine del bene comune.
Ma d’altronde come biasimarla, se l’Europa è burocrazia, la politica è delle élites, l’etica un’imposizione normativa, le leggi dei cavilli per avvocati?
C’è un pezzo di fondo, profondo, che non torna.
Dall’incubo mi svegliavo urlando e trovavo la voce di mio padre che mi chiamava per nome riportandomi alla realtà. Attendo anche oggi quella voce, la certezza di una speranza, per cui se c’è da ricostruire ricostruiremo.

Giusto per risollevare un po’ lo sguardo, Alcide De Gasperi chiuse così a Roma la campagna elettorale per le elezioni politiche del 7 giugno 1953:

In questa dura campagna troppi predicarono l’odio, l’odio della demolizione o l’odio della vendetta. Ma il popolo italiano ha bisogno di fraternità e di amore. Tutti ne abbiamo bisogno, i milioni di poveri che reclamano un’opera di redenzione sociale, appena cominciata; i milioni del ceto medio che mantengono a fatica, nelle accresciute esigenze, il decoro della vita; i milioni di giovani contesi e straziati da opposte fazioni. Più amore, più fraternità, più pace.
Con questo arcobaleno vorrei chiudere la mia fatica elettorale. Quando, migliorando il tenore di vita dei miseri, avremo fatto un passo definitivo verso la giustizia sociale; quando, nell’ordine e nella libertà, avremo sprigionato tutte le sane energie popolari, allora, o democrazia italiana, in questa atmosfera rinnovata dalla solidarietà cristiana, sorgerà anche il grande artista della tua epoca, interprete del sentimento che ti ispira e ti muove; il pennello farà allora risplendere ancora la luce del Suo volto nel Cenacolo ed il sorriso del Suo amore Divino.

Sirenetta