Se ti restassero 6 mesi di vita

Se ti restassero 6 mesi di vita
Foto di samer daboul: https://www.pexels.com

Anche quest’anno al Meeting di Rimini non è mancato il tema delle serie TV, un nuovo linguaggio per raccontare il mondo (“Eroi fragili. Noi, le storie e il fascino delle serie tv” e “La fabbrica dei sogni: come si crea una serie TV”). Ospite di quest’ultimo incontro l’ottimo Luca Bernabei, produttore fra gli altri della serie italiana più longeva, con 22 anni, di don Matteo (13 stagioni), che fra il 44mo e 46mo minuto di ogni puntata ci fa assaporare genuina misericordia e redenzione del reo. Anche nello scorso Meeting 2021 si parlò di serie tv, con la bella mostra Una domanda che brucia, che incuriosì con spezzoni e temi ad effetto (con qualche proposta discutibile).

A proposito di serie, ho recuperato (mi dicono sia uno degli effetti della sindrome post-virale chiamato long covid) quella che da alcuni critici è considerata “una delle migliori serie televisive, anche se ormai datata 2008-2013: Breaking Bad. Il protagonista della serie è un modesto professore di chimica a cui viene, nel giorno del 50mo compleanno, diagnosticato un tumore e non più di sei mesi di vita. Che rimane da fare? Sistemare la famiglia, che ha il mutuo della casa, un figlio adolescente disabile e la moglie casalinga in attesa di una seconda bimba. Fatti i conti gli occorrono 700mila dollari, e c’è un solo modo per guadagnarli in così breve tempo, svoltare nel Breaking bad, fare brutto, passare nell’illegalità. Le sue formidabili capacità gli permettono di sintetizzare una droga, “cucinando” una metanfetamina di purissimi inconfondibili cristalli azzurri, dapprima in un camper poi in laboratori sempre più capaci. Chi ha la pazienza e il tempo di vedere le 5 stagioni per un totale di 62 puntate da un’ora circa ciascuna, vedrà continui colpi di scena e certo non la sistemazione dellamata famiglia.

Diversamente e in termini molto più stringenti, il futuro San Luigi Gonzaga (1568-1591), da giovane in collegio, alla gara di zelo “Se vi dicessero che tra venti minuti c’è la fine del mondo, cosa fareste?”, in luogo di “andrei in chiesa a pregare”, sorprendendo tutti rispose: “continuerei a giocare a palla”. Per lui l’istante, qualsiasi istante, aveva un valore eterno, conteneva già l’eterno, anche il giocare a palla, perciò era sempre pronto.

Infine registro, in punta di piedi, la curiosità che mi ha suscitato alla recente morte di suo padre, lo stimato Piero Angela (che invece si è dedicato ad ultimare i suoi impegni lavorativi conoscendo il suo stato di salute e di cui siamo tutti debitori per averci reso familiare tanta scienza), l’affermazione, fra le tante cose belle, del figlio Alberto: “il suo ultimo insegnamento è stato un esempio: mi ha insegnato a non aver paura della morte”. L’amabilità e l’eleganza dell’interessato, con il bel messaggio finale al suo pubblico che ha spronato dicendo “cercate di fare anche voi la vostra parte per questo nostro difficile Paese”, non me ne vogliate, sono solo il pretesto di una riflessione leggera, diciamo, sugli “ultimi tempi”. “Se ne è andato soddisfatto”, un uomo di scienza che riconosce con spirito che “anche la natura ha i suoi ritmi”, dopo 70 anni in TV (e non davanti la TV, come noi poveri mortali), se ne va sazio di giorni e, permettetemi, una vita fantastica. E’ stato bello, tutto condotto nel migliore dei modi, infine si arrende senza aver paura della morte, tanto che fai, protesti a 93 anni? Con la dignità del divulgatore scientifico accetta serenamente LA FINE.

Non aver paura della morte, per un credente, ha una ragione diversa dalla sazietà di questa vita o dalla follia di “non lasciarci nulla” di non visto o di cui fare esperienza. Neanche un androide replicante di Blade Runner (film cult di fantascienza –il migliore di tutti i tempi- del 1982, con un recente sequel del 2017) si è potuto accontentare, con una brusca reazione, di una vita che finisse così, pur avendo “viste cose che voi umani non potreste immaginarvi”.

Concludendo, modi diversi di prenderselo questo finale che verrà (o presunto tale), a voi la scelta.

Il pesce fuor d’acqua