Security or Privacy, this is the question

La storia, ormai, è nota un po’ a tutti: le rivelazioni di Edward Snowden hanno fatto conoscere  al mondo intero qualcosa che si poteva immaginare; ma l’ampiezza e la tipologia delle misure di sorveglianza dei dati elettronici dell’NSA (National Security Agency) hanno suscitato sgomento, scandalo e perplessità.
Cercare di carpire i segreti militari, finanziari, industriali, etc., di nemici, di concorrenti, ma anche di “amici”, è stato un esercizio che si perde nella notte dei tempi, che tutti i governi hanno sempre messo (o tentato di mettere) in atto.
Lo spionaggio è una pratica segreta e quando non rimane più tale, quando il contenuto dell’attività ad essa legata viene fuori, emerge, è come se ci cogliesse impreparati, anche se sappiamo che esiste.
Se è vero quello che dice Snowden, gli americani l’hanno fatta un po’ sporca: hanno intercettato le telefonate degli “amici” per conoscere le intenzioni di Hollande, gli obiettivi di Rajoy, i disegni di Letta, i piani di Cameron, le tendenze della Merkel, etc. etc…
Quello che sta venendo fuori, giustamente, sta irritando i leader europei che, da un lato si sentono traditi dall’amico americano e, dall’altra, non sanno, in quanto Europa, opporre una risposta adeguata.
Temo che la collera della Merkel o di Hollande, una volta accertata la veridicità del fenomeno, si ridurrà ad una banale richiesta di scuse.
Da cultori dell’imparzialità dobbiamo anche dire che il capo dell’NSA (il Gen. Keith Alexander) ha sostenuto che “I documenti che circolano sono stati male interpretati e non si è capito che non si trattava di dati raccolti dalla NSA sugli europei, ma di dati raccolti dalla NSA e dai suoi partner all’estero nel quadro di operazioni congiunte in corso altrove” e ancora che “essi rappresentano informazioni che noi ed i nostri alleati Nato abbiamo raccolto per difendere le nostre nazioni e a sostegno di operazioni militari”.
Il generale Alexander ha detto anche altre cose sulla non veridicità delle informazioni, ma le Intelligence europee interessate hanno chiarito che non vi è stato alcuno scambio di dati relativi a cittadini europei per questioni di sicurezza.
Spiare i leader stranieri fa parte delle operazioni di sorveglianza perché “i progetti, i programmi, le idee delle leadership sono un cruccio eterno per chi raccoglie dati di Intelligence”  e le informazioni in proposito hanno valore inestimabile.
Sapere se la Casa Bianca era a conoscenza di quello che la sua agenzia aveva messo in opera non importa granché. Più interessante sarebbe sapere se tali operazioni le hanno condotte solo gli Stati Uniti o anche le altre nazioni.
“Non confermo tutte le supposizioni che sono state fatte dalla stampa, ma quello che devo dire è che le operazioni di sicurezza nazionale generalmente hanno un obiettivo; rendere gli americani più sicuri e che io prenda le decisioni giuste, visto che sono io che alla fine devo usare queste informazioni” (Barack Obama, in un’intervista ad “ABC News”).
Il discorso non fa una grinza e su questa lunghezza d’onda dovrebbero mettersi anche i leaders europei che, unendo le forze, devono costruire una “European Security Agency” in grado di garantire la sicurezza ai propri cittadini.
Resta il problema della privacy e del diritto alla riservatezza. Cosa far prevalere?
Per qualcuno è più vitale la security della privacy; questa sarebbe comunque garantita se le informazioni provenienti dalle intercettazioni (anche quelle internazionali) venissero utilizzate solo ed esclusivamente in caso di reato accertato e non venissero, in nessun caso, pubblicate.
Per chi non vuol essere intercettato, invece, una soluzione c’è: non parlare al telefono (mobile e fisso), non chattare, non usare skype e se proprio si vuole parlare con qualcuno evitare i luoghi chiusi, ma recarsi in luoghi aperti e possibilmente ventosi… ne guadagnerebbe la salute!

Pesce (ner)Azzurro