Servire il bene

“La via giusta è servire il bene come quel poliziotto stanco, non più giovane, la faccia tonda piuttosto inespressiva e una bella pancetta: in attesa che arrivasse l’ambulanza l’avevo visto strisciare per aiutare i feriti che erano rimasti intrappolati dentro il furgone capovolto all’incrocio di Ashkelon. E’ stato qualche anno fa e ricordo ogni minimo dettaglio: lui disteso per terra, attraverso la portiera schiacciata stava facendo la respirazione bocca a bocca a una donna che aveva perso conoscenza. Ma nel momento in cui era arrivata la squadra d’emergenza e il medico si era infilato lì sotto prendendo il suo posto, quel poliziotto si era alzato e aveva voltato le spalle, non poteva più essere d’aiuto con i feriti ed era immediatamente tornato a occuparsi dell’ingorgo di macchine: Prego signora. Su, circolare. Lo spettacolo è finito. Seccamente. In modo persino brutale. Con la voce arrochita dalle sigarette. Senza badare ai propri capelli impiastricciati di fango, al berretto tutto schiacciato e al rivolo di sangue sporco di terra che gli scendeva dal naso. Sotto le ascelle aveva dei cerchi di sudore acido e dalla fronte al collo il sudore scendeva insieme alla terra. Quanti anni sono passati, eppure non ho dimenticato quel particolare insieme di bontà e freddezza. Spero ancora di servire il bene nel modo che ho appreso da quel poliziotto: non con struggimento bensì con estrema precisione. Con quella stessa efficienza che quasi sconfina con la brutalità. E con mano sicura. Mano chirurgica.” (Amos Oz – “Non dire notte”)

Del libro – bello – che ho letto qualche settimana fa e da cui sono tratte le righe che ho trascritto forse tornerò a parlare (del resto la frase è solo un ricordo della protagonista…), ma il punto è che anch’io, oggi, pensando alla settimana che inizia, desidero servire il bene almeno così: come, quando e finché sarà utile. E ve lo voglio dire.

Alice