Terreno fertile

La morte di una giovane amica per una brutta malattia che l’ha portata via in pochi mesi è una cosa che pone tante domande, una su tutte: perché? Perché un dolore così? La testimonianza della forza e della fede (vista e raccontata) di questa amica negli ultimi mesi e dei suoi familiari durante il funerale gettano un filo di luce su quella “sicura speranza” che viene citata nella liturgia del funerale: la sicura speranza che non finisce così e che lei ora è nella pace.
Un altro evento, di segno apparentemente opposto, capitato proprio negli stessi giorni, fa il paio con questo per il colpo che è stato per me. E’ nata la prima figlia di una persona a me molto cara. E’ uno spettacolo stare a guardarle, nell’idillio e nelle difficoltà dei primi giorni di vita. Tra una poppata e l’altra, la neo-mamma mi ha detto: “Non l’ho cercata io, non l’ho fatta io così piccola e così bella, mi è stata regalata”. Nella coscienza semplice e grande che la vita si gioca nel dire di sì alle circostanze che ci vengono date. E guardandole pensavo che, se non ci fosse anche per loro la stessa sicura speranza del funerale della mia amica, a cosa varrebbe crescere una figlia in tutta la difficoltà che questo comporta? Sarebbe come avere un costante groppo in gola.
Che le circostanze siano una figlia da accudire e crescere, o una grave malattia che consuma fino alla morte, o il lavoro faticoso ed incalzante di tutti i giorni, il rapporto con gli amici o le vacanze estive, la posta in gioco è la stessa, per loro e per me: stare in piedi o cadere davanti al nostro Signore, che governa la vita (e la morte) della mia amica, della mamma e della sua bimba, e anche la mia. Perché in questo si gioca la densità della vita, giorno per giorno. Nella sicura speranza (che può essere anche un barlume iniziale di speranza, ma c’è!) che tutto non finisce nel nulla e che dire di sì alle cose che ci sono chieste è il terreno fertile su cui fiorisce, in modo inatteso ed imprevisto, la nostra vita.

Donzella