Un libro: L. DIOTALLEVI, “Fine corsa. La crisi del cristianesimo come religione confessionale”, Dehoniane, Bologna 2017.

Diotallevi, docente di sociologia all’Università di Roma-Tre, (molto apprezzato e seguito in ambito ecclesiale), pone la domanda sulle forme sociali più solide del cristianesimo confessionale, chiedendosi quale possa essere la sua forma sociale prossima, dopo la fine della modernità segnata dall’equazione cristianesimo-religione. Equazione vuol dire uguaglianza: per il cristianesimo si tratta di un’uguaglianza non matematica, ma sociale, culturale, anche a carattere politico ed economico tra due espressioni: la religione e la forma sociale del cristianesimo, con le sue incognite rappresentate dalla variabilità delle forme sociali nel tempo e dall’erosione stessa del cristianesimo in quanto religione dominante e ispiratrice di valori sociali, etici, culturali, economici, politici. Diotallevi parte da un dato di fatto: la condizione di marginalità in cui è posto il cristianesimo storico nella post-modernità, sempre più aperta a nuove esperienze religiose e a scenari culturali secolarizzati. È la fine non della religione ma di un particolare ‘costrutto sociale’ della religione confessionale, e in questo caso del cristianesimo confessionale.

La ricerca tende ad illustrare criticamente le forme in atto del cristianesimo e dice, alla fine, dove guardare per prevedere gli sviluppo dello stesso cristianesimo: le città, i centri urbani, dove sacro e profano, religione e secolarizzazione si trasformano, si radicalizzano e si possono de-costruire.

La fine corsa del cristianesimo confessionale, dal punto di vista sociologico, è la chiave di lettura più efficace del processo della de-confessionalizzazione o della de-costruzione del cristianesimo organizzato, delle Chiese cristiane intese come gerarchie ecclesiastiche. Si decostruisce qualcosa che è già in crisi, che ammette cambiamenti, trasformazioni sociali e disarticolazioni. Mi pare che papa Francesco quando dice che viviamo un cambiamento d’epoca, piuttosto che un’epoca di cambiamenti, sinteticamente non vuole fare altro che di-sarticolare e de-strutturare una forma sociale di cristianesimo (un cristianesimo come istituzione religiosa, ritualistica, tradizione formale e folcloristica) che non è più sale e lievito per il mondo. Ci riuscirà?

Moscardino