Un libro: Sergio Givone, “Quant’è vero Dio”, Solferino, Milano 2018.

(sottotitolo: Perché non possiamo fare a meno della religione)

Sergio Givone, docente di Estetica all’Università degli Studi di Firenze, 74 anni, cattolico, studioso del nichilismo e di Fëdor Dostoevskij, allievo di Luigi Pareyson e scrittore. In questo libro sostiene che la religione è necessaria e che, poco alla volta, il mondo contemporaneo, intellettuali a parte, se ne sta accorgendo. È un libro, dice l’autore, che parla di Dio, dell’essenza della religione, riguarda tutti quindi perché riguarda la vita dell’uomo.

“Qualunque cosa sia la religione di essa si deve dire che “è” e non solo che “è stata”. Al contrario, sono state le ideologie che ne avevano decretato la fine prossima, in particolare marxismo e neo-illuminismo, a mostrarsi del tutto inadeguate a comprendere il fenomeno religioso… È accaduto che proprio la scienza, in particolare la fisica, rilanciasse le grandi questioni della metafisica… e quando si sono cercate le parole per uscire dalle secche di un pensiero unico e omologante, le si è chiesto in prestito alla religione” (pag. 16). “È l’ultima difesa della libertà, da cui deriva la responsabilità. Non si può essere responsabili delle proprie azioni se non si è liberi. Ma gli intellettuali non ne vogliono sapere”.

Il titolo del libro un pò inganna perché, pur tratto da un’espressione comune, nasconde riflessioni elevate; è un’espressione che si usava come rafforzativo di un’affermazione o di una minaccia di una sanzione verso un figlio disobbediente. “I nostri genitori volevano responsabilizzare il nostro agire. Ma quell’espressione significa anche che Dio o è in rapporto stretto con la verità oppure non è. Se non è tutt’uno con la verità, Dio è un fantasma, un’invenzione per placare l’angoscia della morte. Se invece è tutt’uno con la verità, la vita diventa seria”. Dostoevskij però diceva che tra Gesù Cristo e la verità avrebbe scelto Gesù Cristo.

Moscardino