Un romanzo per il Natale

Un romanzo per il Natale
Foto di olga volkovitskaia da Pixabay

Durante le Feste natalizie leggere qualche libro non è una pessima idea, anzi, specie se il libro aiuta a vivere la Liturgia natalizia. L’ultimo libro di Giosuè Calaciura (palermitano, classe 1960) Una notte (Sellerio), è la continuazione di un precedente romanzo dello stesso autore Io sono Gesù del 2021 che ne è anche l’antefatto, una sorta di  “vangelo apocrifo” in forma autobiografica, dai colori fiabeschi; (dopo il ritorno da Gerusalemme, dove il dodicenne Gesù si è intrattenuto a disputare con i dottori nel Tempio, il Vangelo entra in una zona d’ombra, che terminerà al battesimo nel Giordano per mano di Giovanni il Battista).

Nel libro Io sono Gesù si rievoca la nascita a Betlemme, in una «notte leggendaria» che nel nuovo romanzo Una notte, viene ripercorsa attraverso una serie di racconti che si strutturano a loro volta in romanzo o, meglio, in presepe di piccole storie. I personaggi sono quelli che crediamo di conoscere: il pastore e il soldato, i magi e la donna sterile, l’immacolata e lo scemo del villaggio, il pescatore e il bue che, pazientissimo, va incontro a un destino nel quale si preannuncia la missione del Bambino miracoloso. Vicino alla grotta, uomini e donne che portano con sé l’eco di vicende imprevedibili, sempre sottilmente intrecciate l’una all’altra. Fin dalle prime battute, questo è un racconto corale, suscitato dal propagarsi inspiegabile della notizia di una nascita che cambierà il corso della storia. Nell’attesa che la promessa si compia, ciascuno è chiamato a misurarsi con la rivoluzione, più o meno inavvertita, alla quale la notte fatidica dà inizio. In effetti, “rivoluzione” è il termine che meglio riassume lo spirito con cui l’autore torna ad affrontare l’impresa avviata con Io sono Gesù. La sotterranea insurrezione degli ultimi (nei quali Calaciura riconosce i veri destinatari dell’annuncio evangelico) è resa possibile da quanto accade in cielo. La rivoluzione terrestre, insomma, va di pari passo con la rivoluzione degli astri, che Calaciura ipotizza interrogata invano dai sapienti venuti dall’Oriente e ormai sperduti da qualche parte nel deserto di Palestina. Al posto loro fanno ingresso a Betlemme gli impostori travestiti da re. Tra di essi si nasconde anche il ladruncolo che, in maniera del tutto accidentale, si è reso responsabile del censimento per il quale Maria e Giuseppe sono stati convocati nella città di Davide.

Calaciura entra nelle pagine del vangelo, introducendo figure e situazioni che, anziché apparire irriverenti, di fatto amplificano la potenza dell’avvento messianico. Sono scene di un presepe iperrealistico e insieme meraviglioso, come la gerla che il giovane pescatore porta sulle spalle e il cui contenuto sembrerebbe non esaurirsi mai. Al fianco del ragazzo appare una prostituta dalla bellezza già segnata eppure abbagliante. E c’è l’episodio delle madri che, in visita al Bambino, giocano a scambiarsi i neonati e così non riescono più a riconoscere l’uno dall’altro, come a celebrare l’inesauribile forza che sta in ogni nascita. In tutto libro il Bambino è continuamente invocato e solo di rado intravisto, secondo un dispositivo che rimanda alla consuetudine del presepe, nel quale la mangiatoia predisposta per Gesù rimane vuota fino alla mezzanotte della Vigilia.

I riferimenti a questa e ad altre tradizioni domestiche sono numerosi e riconoscibili: lo scemo è parente del famoso meravigliato, la donna che porta al collo una pietra proviene dalla leggenda di santo Stefano e così via. Aprono e chiudono il libro due apologhi molto originali, i cui protagonisti sono rispettivamente un bambino buono e un uomo cattivo. Separati nel tempo, ma impegnati entrambi ad investigare il più insondabile dei misteri: il fatto, cioè, che ciascuno di noi possa essere per l’altro occasione di salvezza oppure di condanna.

Moscardino