Votare contro

C’è un’osservazione che Galli della Loggia ha insegnato alla Winter School di politica di Torino: “si vota sempre contro”. Quando uno la ascolta per la prima volta, soprattutto se cristiano, si sente un po’ offeso. Ma come sarebbe a dire? Io voto per degli ideali e non contro qualcuno o qualcosa. Tuttavia, se uno ci riflette bene, in una democrazia rappresentativa è impossibile “essere per” senza “essere contro”. A meno che uno non si candidi in prima persona, infatti, i candidati o le scelte (tanto più se sono due come nel caso del referendum) sono sempre le “meno peggio” o “il male minore”, non sono mai la raffigurazione esatta di ciò che vorrei, sono dei rappresentanti. Proprio per questo, mentre scelgo il male minore, lo identifico come “minore” rispetto ad altri mali, quelli che proprio non voglio. E, affettivamente, è soprattutto per escludere questi ultimi che si vota, cioè si vota “contro”. Per porsi, ci si oppone, inevitabilmente.

Così, in questo caso, non è che io voti NO pensando che la Costituzione del 1948 sia sacra o la più bella del mondo (lo diceva Benigni, no?) ma perché penso che si debbano escludere certi rischi di deriva liberal (economia super-globalizzata e valori totalmente pro-choice) e statalista che la riforma proposta permette e forse vuole.

Quando uno accetta che ci sia questa dimensione affettiva inevitabile, capisce come mai i partiti e le personalità politiche con forti parole “contro” abbiano successo, dal “comunisti!” di Berlusconi alla rottamazione di Renzi passando per il “vaffa” di Grillo. Ma, soprattutto, capisce che questa dimensione è anche propria e la accetta con simpatia, uscendo dall’illusoria idea che il popolo cattivo voti “contro” e ci siano dei puri e dei migliori che invece sono illuminati. Siamo tutti della stessa pasta, inesorabilmente affettiva.

Torpedine