CHI VUOL ESSER LIETO SIA…

La “Primavera” di Botticelli. Quella che si vede, intera o in dettaglio, su libri di scuola, tazze, magliette, calamite, ombrellini.
Quella originale sta agli Uffizi di Firenze.
E sta lì perché nasce tutta dentro il rapporto tra Botticelli e Lorenzo il Magnifico.
Siamo alla fine del 1400, alla fine del Medioevo. Le banche vanno bene (!!!), l’economia prospera, la città è in fervore e sviluppo, guerre vinte e grande politica estera, amore per la cultura. Lì lavorano, studiano e si incontrano intellettuali e artisti: Pico della Mirandola, Poliziano, Verrocchio, Ghirlandaio, Donatello e persino il giovane Michelangelo, oltre allo stesso Botticelli.
Una vera apparenza di primavera e di spensieratezza. Perché l’uomo è fatto per la bellezza, per il desiderio di danzare tra i fiori di un paradiso terrestre. Ma c’è qualcosa che manca anche lì. A guardare bene il quadro, resta uno struggimento, di impossibile, di irraggiungibile.
Giunge sempre più forte l’eco degli ammonimenti di Girolamo Savonarola: il bello senza il buono non è bello.
E ha fatto bene il nuovo (crucco!!) direttore degli Uffizi a mettere lì vicino “La Calunnia”, dipinto da Botticelli dopo la morte di Lorenzo, dove cupe figure si affiancano ad una ormai lontanissima venerea fanciulla.
Non c’è letizia se “di doman non c’è certezza” (come recitava il Magnifico), “senza che il perdono trasformi in grandezza anche la piccolezza e la meschinità” (come commentava un caro amico).

Sirenetta