@PrayforParis

Il pianoforte che suona le note di Imagine davanti al Bataclan il giorno dopo la tragedia, i monumenti di tutto il mondo illuminati con i colori della Francia, i fiori, le candele, gli hashtag PrayforParis: sono tutti segni tangibili e ovviamente intrinsecamente non risolutivi di ciò che però, alla loro origine, può esserlo.
Tutti segni che gridano la fratellanza, la condivisione, la partecipazione, lo struggimento, la pietas che è, insieme alla misericordia, il sentimento più cristiano che ci sia.
Segni fragili, come tutti i segni, eppure così indispensabili all’uomo che ha bisogno di vedere, di toccare, di sentire, di incarnare ciò che prova, afferma e desidera.
Così, con linguaggi diversi, con espressioni apparentemente inadeguate, ognuno a suo modo lascia gridare il proprio cuore e ciò che grida è profondamente umano: grida, per una volta, messo alle strette dalle circostanze, le cose come sono: che la morte è male e che l’uomo è fatto per la vita, che ci sono cose sbagliate che fanno male e basta, senza se e senza ma, che davanti all’ingiustizia e alla sofferenza si patisce, si compatisce, si porta insieme.
Non è perdere tempo, non è un “trastullarsi” estetico il moltiplicarsi di questi segni, anzi, prenderli sul serio davvero, alla loro origine e nel loro significato e scopo, può essere la strada per affermare un’ultima positività, di cui l’uomo è fatto e alla quale continua ad anelare in qualsiasi momento storico e dentro a qualsiasi menzogna.

Perla