Felicità e ladroni

“La ricotta” di Pier Paolo Pasolini 

“Stracci” è un borgataro romano morto di fame assoldato come comparsa in una troupe diretta da Orson Welles, che sta girando un film su Gesù.
In un mondo totalmente falso, descritto magistralmente nella sua assurdità, la fame di “Stracci” e dei poveracci è l’unica cosa reale e viva. La ricotta è la felicità. Una felicità materiale, ma vera e viva. Per questa sua fame, nella finzione di un mondo che fa diventare le facce tutte ugualmente lisce e vuote, “Stracci” diventerà davvero il buon ladrone.
Il modo pasoliniano per dire che la vicenda umana della Passione non è cambiata e che i Vangeli restano i testi “più sublimi che siano mai stati scritti”.

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A commento una splendida poesia di Jorge Luis Borges:

Luca XXIII

Gentile o ebreo o solamente un uomo
il cui volto nel tempo s’è perduto;
non potremo contendere all’oblio
le lettere ormai mute del suo nome

Di clemenza conobbe quel che può
conoscere un bandito che Giudea
inchioda ad una croce. Del passato nulla sfioriamo.
Nella sua fatica

ultima di morire crocifisso,
udì, tra i vilipendi della gente,
che colui che moriva accanto a lui
era un dio e gli disse ciecamente:

“Ricordati di me quando sarai
nel tuo regno” e la voce inconcepibile
che un giorno giudicherà tutti gli esseri
gli promise dalla Croce terribile

il Paradiso. Nient’altro si dissero
finché venne la fine, ma la storia
non lascerà che muoia la memoria
di quel giorno in cui entrambi morirono.

Cari, l’ingenuità di questo amico
di Gesù Cristo, il candore che fece
sì che chiedesse e avesse il Paradiso
dall’ignominia della sua condanna,

fu quello che così spesso al peccato
lo spinse e all’avventura insanguinata.

Buona Pasqua!

La Spigola

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