#JESUISCHARLIE

Oggi 30 giugno ’17 si sta per compiere l’atto definitivo della triste vicenda Charlie Gard.

Charlie è un bambino inglese di soli 10 mesi ricoverato presso l’ospedale di Londra e a cui sarà staccato il respiratore che lo tiene in vita a causa di una malattia incurabile.

Il respiratore verrà staccato perché così ha deciso un tribunale assecondato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Questa decisione è stata presa contro il volere dei genitori che chiedevano solo di poter portare il figlio negli Stati Uniti per provare a curarlo.

Le motivazioni che hanno portato i giudici a prendere una decisione del genere sono scaturite dall’applicazione del diritto britannico sull’accanimento terapeutico che dispone l’obbligo dei medici di interrompere le cure quando l’eccezionalità dei mezzi impiegati non risulta funzionale allo scopo medico. Applicando tali disposizioni i giudici inglesi hanno ritenuto che il progressivo aggravarsi della malattia di Charlie e le scarse evidenze scientifiche legate alla cura sperimentale statunitense costituiscono mezzi sostanzialmente inadeguati come confermato dai medici americani.

Al di là dei dettagli giurisprudenziali e scientifici ci sembra prioritario ribadire alcuni punti che sentiamo fondamentali nella nostra vita:

  • La vita in quanto tale ha valore assoluto perché non è un prodotto meccanico. Ha dentro di sé un aspetto di dono che non può essere eliminato. Anche se oggi la creazione e la fine di una vita possono essere decise, rimane il fatto che in ogni suo istante essa ci è data. Infatti normalmente nasce e finisce senza preavviso. Bisogna accettare la casualità misteriosa che una vita potrebbe continuare contro ogni umana logica.
  • Il dolore e la sofferenza del piccolo Charlie e dei suoi genitori entrano in modo prepotente nel dibattito e certamente non è possibile esaurire in poche righe la domanda di senso e il bisogno di vivere con dignità che giustamente tutti sentono. Il sacrificio fa parte della vita di ciascuno, tanto ci appare inumano tanto è impossibile evitarlo nelle questioni di ogni giorno per studiare, lavorare, per costruire, volere bene alle persone amate o semplicemente tirare su lo stipendio a fine mese.
  • Nella storia dell’uomo solo l’annuncio cristiano ha introdotto l’ipotesi che il dolore ed il sacrificio possono essere vissuti con un significato misteriosamente positivo, come risposta dell’uomo che partecipa al sacrificio di Gesù che ha salvato e salva la nostra vita ogni giorno. Quando possiamo dare il nostro contributo o possiamo modificare una situazione di dolore, il nostro impegno sarà sempre per difendere la vita, per sostenere ciò che c’è rispetto a ciò che dovrebbe esserci, per rallegrarci con quelli che sono nella gioia e piangere con quelli che sono nel pianto.

Tutta la vita è rapporto con il Mistero che ci ha dato e ci dà la vita; è su questo, come affermava Giovanni Paolo II nella messa del 7 ottobre 1979 a Washington, “[…]che si fonda la nostra celebrazione della vita, di ogni vita umana. Ciò spiega i nostri sforzi per difendere la vita umana contro qualsiasi influenza o azione che la possa minacciare o indebolire, come pure i nostri sforzi per rendere ogni vita più umana in tutti i suoi aspetti. Quindi reagiremo ogni volta che la vita umana è minacciata […] quando i malati, gli anziani o i moribondi sono abbandonati, noi reagiremo proclamando che essi sono degni di amore, di sollecitudine e di rispetto”.

LA REDAZIONE DE “LA SPIGOLA”- Il CIRCOLO DEI LAZZARI – LIBERI DI COSTRUIRE – LE TENDE DELLA SOLIDARIETA.

Una risposta a “#JESUISCHARLIE”

  1. Forse sono sprovveduto e inadeguato a commentare una cosa così drammatica…l’unica domanda che ki faccio è: perchè la parola su questo fatto non viene lasciata ai genitori? voglio fare cioè un’affermasione “laica” della libertà così come pè nata dentro le nostre società…e qui secondo me c’è in gioco la libertà dei genitori di decidere…o no? anche se prenderessero una strda che io non condivido ( vedi il papà di Eluana) la libertà si sa che è sempre un rischio….mi domando perchè devono essere medici o giudici a dire l’ultima parola

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