Charlie

Charlie Gard ha una malattia grave che lo ha portato a una disfunzione multiorgano, incluso il cervello, il cuore e il sistema respiratorio e attualmente viene tenuto in vita da un ventilatore. Altrimenti sarebbe morto. Non è dato sapere molto di più ma comunque Charlie non dovrebbe essere ancora un malato terminale (nel suo stato, non escluso il ventilatore, non ci sono cause acute e gravemente mortali e la morte non è imminente). Potrebbe comunque diventarlo da un momento all’altro data la sua fragilità. Diciamo che si trova nelle condizioni migliori, escluso il miglioramento clinico.

Quando si decide di dare un supporto esterno (ventilazione, supporto circlolatorio, supporto renale) di solito lo si fa perché la situazione è talmente critica e acuta da non dare tempo per completare il processo diagnostico o le decisioni terapeutiche. Quindi il supporto esterno è sempre almeno un ponte che mantiene in vita il paziente in attesa di aver interrogato tutto l’interrogabile della realtà del paziente per capire l’andamento della malattia, la prognosi, mortalità e morbilità. Se non ci fosse il ponte non potremmo scopire mai queste cose e magari salvare il paziente.

Quando il quadro è chiaro, ci si chiede se il ponte collega a una via o no, e quindi si da un giudizio sulla sua utilità.

Nel caso di Charlie i medici giudicano le attuali terapie futili, ne aumentano la sofferenza (che non è misurabile) e quindi vorrebbero togliere il ponte. Per Charlie è il momento della morte, come per tutti prima o poi.

Per i genitori, i quali poi soffriranno la morte del bambino per tutta la vita, lui non soffre, è presente e vorrebbero tentare tutte la chances, anche se poche e con poca probabilità di miglioramento clinico. Ma dato che non si può sapere prima, vorrebbero provare. Nei topi queste terapie avrebbero dato dei miglioramenti ma i topi non sono uomini e quelli da esperimento sono tutti identici. È come fare lo stesso esperimento su 100 cloni. Non sono rappresentativi della popolazione generale dove la legge è l’unicità degli individui. Spesso infatti le terapie che funzionano in questi esperimenti non funzionano nella popolazione generale umana.

In UK quando le visioni tra medici e genitori sono contrastanti, decide un giudice. Il resto lo abbiamo visto.

L’orientamento più equilibrato è di decidere includendo la volontà dei genitori. A mio avviso la questione è questa. Dio affida i figli ai genitori, poi c’è lo stato. Per il resto staccare o non staccare il ventilatore, nel caso specifico non sarebbe un errore grave. Hanno le loro solide ragioni tutte e due le visioni.

Il problema è che Charlie morirà prima o poi, forse presto. Che non si usi la sua morte per dire “avevamo ragione noi della posizione giusta” e giustificare la sospensione indiscriminata delle cure ad altri o la continuazione all’infinito. Piuttosto bisogna affermare che andare in fondo a ogni domanda è utile e solo il fare tutta la strada mostrerà la verità. Probabilmente è quello che sta accadendo.

Aulonocara