Dei fallimenti

Cos’è accaduto alla squadra brasiliana che, amara e vergognosa, non ha saputo neanche salutare gli olandesi alla fine del Mondiale? Quello che può succedere ad ogni gruppo di gente che si mette insieme per fare e vivere qualcosa: una equipe tecnica dove chi guida non sa riconoscere i propri sbagli anche quando si dice responsabile, che si dice paterno, ma è paternalista, perché non fa fiorire i figli suoi; un team con grande pontenziale, che si lascia andare a gesti belli – cantare l’inno, vedere la gente, pregare a Dio in campo, fare festa o piangere insieme -; un team che ha due o tre grandi (Neymar, David Luiz, Oscar) che, con luce propria, ne capiscono la tragedia, vanno fino alla fine, ma non possono fare tutto da soli. Il risultato: la dura esperienza di una grande umiliazione. Per i singoli, sicuramente qualcosa che porterà a cambiamenti grandi e veri. Per il gruppo: non si sa. Se tutti si riprendono adesso, forse in quattro anni si vedrà un’altra nazionale. Se non si inizia subito a cambiare… sarà un lungo tempo di vita perso. E saremo sconfitti.
Lo stesso accade al livello politico: subito dopo la sconfitta, Dilma Roussef, la presidente che per calcolo politico – si potrebbe chiamare anche “viltà” – non è venuta all’inizio del Mondiale per evitare di essere criticata o fischiata dal pubblico nello stadio – ha proposto un finanziamento statale per il calcio. Il che non sorprende perché viene da una persona che si è già proclamata “madre della nazione” ed è apertamente e praticamente un’ammiratrice di Cuba. Se la società civile però non cresce, non è attenta e si aspetta il gol solo di alcuni “Neymars”… le sconfitte brasiliane possono essere ben più serie.
Per non finire così: la cosa forse più bella è che (quasi) nessuno ha mancato di rispetto al Brasile dopo la sua sconfitta. Tutti hanno capito il dolore, l’umiliazione, hanno desiderato che non fosse così. Come se dicessero: non è la vera natura del calcio brasiliano essere così. Come se aspettassero una ripresa. Come accade con qualcuno che si dimentica di se stesso. Uno sguardo di compassione può essere l’inizio di una ripresa. L’umiltà può essere l’inizio di una ripresa.
Qualunque cosa accade, occorre vigilare sempre.

Lambari