“Gomorra” di Saviano

Un libro difficile da leggere, da “digerire” e da commentare. Ho fatto fatica, sin dalle prime pagine, ad identificare il motivo per cui mi è risultato ostico.

Innanzitutto l’argomento: questo viaggio nel “sistema” malavitoso campano, analizzato e sezionato in tutte le sue multiformi manifestazioni non risulta certo tra le mie preferenze letterarie;

in secondo luogo la scarsa fluidità della narrazione: il libro si snoda a metà tra l’inchiesta giornalistica, che si sottintende “scientifica”, oggettiva, fatta di dati incontrovertibili, e il racconto personale, in cui i propri pensieri e giudizi continuamente sorgono inevitabili;

Infine, e forse questo è l’elemento che piano piano si è svelato durante la lettura, ed è divenuto elemento fondamentale, lo scoprire un autore  umanamente distante: quasi un accorgersi che non mi interessa una trattazione ideologica o sociologica del fenomeno, ma un coinvolgimento affettuoso di chi me lo racconta. Mi hanno molto colpito le pagine in cui Roberto presenta il padre (che non viene mai chiamato per nome) ed esprime con una parola fondamentale il rapporto con lui: incomprensione.

Insieme parlano di cosa faccia il bene delle persone e di cosa renda una persona un fallito o un uomo realizzato, “che decide”. Mi è sembrato che in questo dialogo tra sordi il “filosofo” Roberto, per affermare la propria personalità, si senta in dovere di essere necessariamente “contro” il padre “medico”. Un essere “contro”  che diventa modalità di approccio anche con se stesso e con la società malata che lo circonda.

Pesce Palla