Guerra e legittima difesa

Guerra e legittima difesa
Difesa militare – Foto di Antonio Prado da Pexels

Le domande che si aprono in questi giorni da una parte ci lasciano spiazzati per la loro vastità e profondità, dall’altra configurano veri e propri dilemmi: ha senso rispondere con le armi a chi ne fa uso o ci si colloca al suo stesso livello? Qual è la strategia più efficace per proteggere popolazioni indifese? La guerra è uno strumento adatto per ristabilire i diritti umani violati? E quale ruolo giocano gli interessi economici e geopolitici? L’intervento umanitario non rischia di trasformarsi in un alibi, magari a vantaggio della lobby dei produttori di armi? Su queste domande il dibattito è stato acceso.

La questione è antica quanto la storia umana, ma lo sviluppo delle tecnologie militari lungo il XX secolo ha imposto di guardarla in una diversa prospettiva. 

La dottrina della guerra giusta, enunciata da Agostino nel De civitate Dei, è stata per secoli in divenire: un contributo consistente venne dall’elaborazione di Tommaso d’Aquino, mentre il suo sviluppo maturo risale all’epoca moderna. Di fronte alla constatazione della ineluttabilità delle guerre, questa dottrina ammette che in casi estremi il diritto-dovere della legittima difesa possa richiedere anche il ricorso alle armi; tuttavia pone condizioni terribilmente stringenti per poter dichiarare ‘giusto’ un conflitto, puntando in questo modo a evitare di concedere alibi a distorsioni ed eccessi (da sempre la propaganda bellica cerca di “giustificare” i conflitti agli occhi dell’opinione pubblica) e a limitare i danni dell’azione bellica (ad esempio con il criterio della proporzionalità della ritorsione rispetto all’offesa subita). 

Per molti versi si tratta di una posizione estremamente radicale, anche se oggi non ci appare più tale in quanto non esclude a priori la possibilità della guerra: tuttavia le condizioni che pone sono così esigenti che, se davvero fossero rispettate, nessuna guerra potrebbe essere combattuta (anche solo per il fatto che, essendo eventualmente lecita solo la difesa, nessuno sarebbe mai autorizzato a sferrare il primo attacco). 

Dice il Concilio Vaticano II: «La guerra non è purtroppo estirpata dall’umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa». 

 

Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica esplicita «le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente: che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; che ci siano fondate condizioni di successo; che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione. Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della “guerra giusta”. La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune». 

Giovanni Paolo II, strenuo difensore della pace, non escluse l’eventualità della guerra come legittima difesa: «uccidere l’essere umano […] è peccato di particolare gravità. […] Da sempre, tuttavia, di fronte ai molteplici e spesso drammatici casi che la vita individuale e sociale presenta, la riflessione dei credenti ha cercato di raggiungere un’intelligenza più completa e profonda di quanto il comandamento di Dio proibisce e prescrive. Vi sono, infatti, situazioni in cui i valori proposti dalla legge di Dio appaiono sotto forma di un vero paradosso. È il caso, ad esempio, della legittima difesa», soprattutto a livello collettivo; infatti, «la legittima difesa può essere non soltanto un diritto, ma un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri, del bene comune della famiglia o della comunità civile. Accade purtroppo che la necessità di porre l’aggressore in condizione di non nuocere comporti talvolta la sua soppressione. In tale ipotesi, l’esito mortale va attribuito allo stesso aggressore che vi si è esposto con la sua azione».

Moscardino