Il pomeriggio del cristianesimo

Il pomeriggio del cristianesimo
Foto di Quang Nguyen vinh da Pixabay

Il pomeriggio del cristianesimo,un libro di Tomáš Halík, sociologo e teologo di Praga.

Pomeriggio come maturità, come periodo di consapevolezza e rinnovamento. È una metafora che Carl Gustav Jung applica alle dinamiche della vita individuale: l’infanzia e la giovinezza corrispondono al mattino dell’esistenza in cui ciascuno costruisce i tratti fondamentali della propria personalità; poi sopraggiunge la crisi del mezzogiorno, la stanchezza e la perdita di energia per la vita, che però si trasforma in opportunità se si coglie la sfida di interrogare e accettare ciò che di sé si era trascurato o dimenticato. Si è allora pronti a percorrere la via del pomeriggio dell’esistenza, una discesa nell’intimo profondo che porta i frutti preziosi della maturità.

Halík applica questa metafora alla storia del cristianesimo. Il mattino è l’epoca premoderna, con la costruzione delle strutture dottrinali e istituzionali. La crisi del mezzogiorno è rappresentata dalla modernità che, con la secolarizzazione e l’ateismo scientifico e ideologico, ha scosso le fondamenta tradizionali della Chiesa.

Le due forme che il cristianesimo ha fin qui conosciuto, vale a dire religio (la perfetta integrazione tra fede e società, come nel Medioevo) e confessio (l’assimilazione della fede a una certa visione del mondo), somigliano ad abiti passati di misura a causa della crescita del bambino per cui erano stati confezionati. Nel suo pomeriggio il cristianesimo sarà sì una religione, ma in un altro senso, quello del verbo latino relegere, ‘leggere di nuovo’.

Adesso l’era moderna ha iniziato il suo declino e per i cristiani è il momento di cogliere i segni dei tempi e riconoscere il kairos pomeridiano che viene loro incontro.

Halík tratteggia delle linee prospettiche per una riforma della Chiesa che la veda interlocutrice attenta della cultura e della società del nostro tempo, come popolo di Dio in pellegrinaggio nella storia, scuola di sapienza cristiana, ospedale da campo in mezzo alla famiglia umana, luogo accogliente di accompagnamento spirituale e riconciliazione.

Kairós è il termine biblico che indica appunto il tempo opportuno; significa interpretare teologicamente i segni dei tempi, ossia tutto quello che accade nella cultura e nella società contemporanea, comprese le crisi e non esclusi i cambi di paradigma. Un cristianesimo maturo è in grado di abbracciare la vita nella sua interezza. La fede cresce proprio grazie alle difficoltà, si tratti della secolarizzazione o della pandemia e richiede il coraggio di trascendere sé stessi per entrare nella nube di un mistero sconosciuto. A essere spaventati sono i cristiani che hanno confuso la fede con l’ideologia o con una credenza religiosa, ma la fede è un orientamento esistenziale, non una visione del mondo.

Pascal, Kierkegaard e Chesterton, testimoni della contraddizione, considerano il cristianesimo come una religione del paradosso. Ci sono quelli che hanno camminato nella notte oscura della fede, come hanno fatto molti mistici, da san Giovanni della Croce a Teilhard de Chardin. E poi c’è il genio oscuro di Nietzsche, il più divino tra i senza Dio. A fianco di queste notti individuali, nella storia dell’umanità e della Chiesa ci sono anche le notti oscure collettive.

La lezione che possiamo trarne è sempre la stessa: ogni crisi è un kairós, un’occasione per purificarsi, scendere in profondità e crescere. In una parola, un’opportunità di trasformazione, di metànoia che dice rinnovamento. La metànoia è una forma di esodo, è la disponibilità a svincolarsi dalle strettoie dell’ego per andare incontro al mistero degli altri e di Dio. Un compito che coinvolge tutti, individui e Chiese, ma ci chiesto di rinunciare alle seduzioni del narcisismo di massa e dell’autocompiacimento.

Moscardino