In trincea a casa, ma liberi

Rimettendo a posto vecchie carte mi è capitata tra le mani una stampa: la foto in bianco e nero di operai in un cantiere all’aperto ai primi del ‘900 accompagnata da un brano scritto negli stessi anni da Charles Pèguy:

Gli operai posano, un po’ seri un po’ sorridenti, su una barca in costruzione nel Cantiere Nautico Erio Matteri, a Lezzeno, paesino sul lago di Como. Eravamo lì a Pasqua del 2018 per l’ultima festa con i miei genitori…
La frase di Pèguy dice la loro stoffa, la stoffa di questa nostra bella terra di Lombardia, e d’Italia, dei nostri nonni e genitori ora così indifesi: “Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto,.. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta… Non occorreva che fosse ben fatta per il salario…  Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, ne per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé nella sua stessa natura… E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano… Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto” (L’Argent, 1914).
Doveva essere ben fatto, perché rispondevano a Qualcosa, Qualcuno, più grande di loro, da uomini liberi, “religiosi” perché parte di una storia. Oggi negli ospedali dottori, infermieri, operatori sanitari, operai e direttori rispondono ai malati, in prima linea, da uomini liberi. Noi rispondiamo dalla trincea della nostra ridotta quotidianità, accettando, ma anche giudicando, senza recriminazioni ma giudicando, da uomini liberi e non servi. E perciò, anche chiedendo a chi ha il compito istituzionale di guidarci di non farlo da solo (finché democrazia c’è…), di decidere e fare insieme (anche sbagliando e tradendo, mettiamolo in conto) per la cura del popolo e della libertà, per un ideale di vita umana, pena il finire a ”fare” per il Potere, proprio o di alcuni.

La piccola pescetta (pesitt) lombarda