L’incapacità di formare un governo in Spagna, le elezioni amministrative in Italia che hanno visto un’importante affermazione di Grillo, e – soprattutto – la Brexit, interrogano non poco uno studioso di storia delle istituzioni politiche. Complice l’europeo di calcio piuttosto noioso, negli ultimi giorni si sono sprecate parole, azzardati giudizi e pronunciate sentenze sui social, sui media, a casa, sul posto di lavoro, al bar… Proviamo allora a vedere se è possibile dare un giudizio all’interno di una prospettiva storica…
L’avanzata di Grillo, come le precedenti di Renzi e Berlusconi o quelle estere di Podemos, da un punto di vista storico-istituzionale suggeriscono un mutamento di paradigma della nostra democrazia. Non si vota più il proprio rappresentante in seno ad un’assemblea legislativa, ma si dimanda tutto ad un singolo leader. Non a caso il voto di preferenza viene sempre meno espresso, e ci si limita a votare e parteggiare per proprio sindaco, per il proprio governatore, per il proprio premier. La riforma costituzionale Renzi va chiaramente in questa direzione, limitando però – se è possibile – ancor di più la rappresentatività a discapito della governabilità. In altre parole ci si ostina a non far votare il premier, per blindare la camera legislativa e rappresentativa della nazione che per sua natura lo scenario del dibattito e del compromesso. Questo processo è figlio di una nuova modalità di governare che deve fare più attenzione a realtà extra-istituzionali (solitamente economico-finanziarie) che al proprio elettorato. Tuttavia l’equilibrio tra le esigenze popolari e quelle occulte è sempre difficile da trovare e così può capitare che una vecchia di Bristol “fotta” addirittura Mario Monti.
L’antifona che circola insistentemente da qualche settimana è che il popolo ignorante vota male. Ma quel popolo era ignorante anche quando votava bene, o no? Che cosa è cambiato? Ed ecco che qui si giunge al nocciolo della questione. Le élites, dalla notte dei tempi, hanno retto e governato il mondo (sacerdoti, aristocratici, sovrani, borghesi, industriali, banchieri e così via). Questo non stupisce e non deve stupire. Il fatto è che nel corso della storia umana le élites si sono avvicendate, perché ad un certo punto gli “aristoi” o gli “illuminati” hanno perso il contatto con la realtà è si sono involuti, smettendo di generare spinte propulsive e puntando alla mera difesa del privilegio (si pensi a cosa poteva aver pensato un gentiluomo della corte di Luigi XVI alla vigilia delle vicende rivoluzionarie o un borghese parigino quando suo figlio scendeva in piazza a lanciare sampietrini nel ’68). Oggi sta capitando più o meno la stessa cosa: l’élite che ha governato l’Europa negli ultimi decenni si trova a non capire, non comprendere o meglio non riesce ad applicare nelle circostanze contingenti i suoi schemi politici, economici e sociologici. E così una vecchia di Bristol “fotte” Mario Monti.
A ben vedere il paradigma politico è già cambiato, le élite (comprese quelle intellettuali) se vogliono rimanere tali devono cercare di comprenderlo. Tuttavia proprio perché esse sono incapaci di ammettere la loro ignoranza, la vecchietta di Bristol ha, di fatto, già fottuto Mario Monti. Il mondo sta cambiando in attesa di una nuova élite, o minoranza creativa, che codificherà questo nuovo paradigma. È proprio questa la sfida che si trova ad affrontare quella “generazione erasmus” che in larga parte ha votato remain… fino alla prossima vecchia di Bristol. Pronti?!
Pesce Persico