Nostalgia di appartenenza a un popolo (numero 2)

Cari amici della Spigola,
sabato sono stato al Family Day.
Cosa porto a casa? Al di là delle cifre, delle motivazioni, addirittura anche dei contenuti, mi ha colpito il popolo.
Avevo un po’ di preoccupazioni date dal clima “teso” descritto dai giornali circa la possibilità di gesti violenti e, perché no, di attentati (per fortuna c’erano molte forze dell’ordine).
Una volta arrivato, mentre ero nel fiume di persone che stava per entrare nel Circo Massimo mi ha subito colpito la calma e la compostezza, cioè nessuno di noi era pressato e si parlava del tempo: una signora di Bolzano diceva che da loro c’erano – 13°C, mentre a Roma faceva caldo. Poi durante la manifestazione c’era questo clima di famiglia in scampagnata, una convivenza composta e serena. Era bello essere lì, era bello perché teso ad uno scopo: manifestare se stessi, testimoniare la bellezza della famiglia cristiana. Guardando questo popolo di cui sono parte, questo flusso, mi sono reso conto una volta di più che la legge della famiglia è la carità, il dono di sé, l’accettazione dell’altro. Mi sono tornate in mente le parole che don Giussani diceva a Renato Farina in un’intervista del 2002 “Ebrei e cristiani alla fine si riuniranno”, in cui parla per tutto il tempo del Mistero-Carità.
Riporto due piccoli brani:

  • “La nostra speranza, la salvezza di Cristo non può essere qualcosa che abbiamo letto e sappiamo ripetere bene. Un discorso più o meno edificante o moralistico, ecco, a questo viene ridotto spesso l’annuncio. Bisognerebbe ribollire… invece il mondo lo si lascia naufragare senza un pastore… Non si comprende questo: ciò che risulta utile davvero è quanto investe il popolo e per cui il popolo è esaltato. Cioè l’unità come visibile segno di questo Mistero-Carità. Questo Mistero ha investito e investe hic et nunc (qui, ora!) un popolo che talvolta non ha più neanche i suoi capi che se ne accorgono… Altrimenti essi accorrerebbero irruenti a mostrare e dimostrare la salvezza di Cristo”.
  • “Per questo voglio ricondurre tutti a questo riconoscimento: l’Essere è Mistero. Come si fa ad affermarlo? Poiché si riconosce che c’è! C’è! Il Mistero c’è. Come si fa a dire così? Si può imitare il Mistero, ecco. Imitare l’amore nel governo di sé, nella sua dedizione. Trovare il modo di dirlo, far sì che queste cose per noi siano lo sconvolgimento e la pace del nostro io. Il punto in cui il Mistero si ricompone è la voce del bambino, il rapporto con la mamma, il rapporto con il Mistero che ci si comunica”.

Ecco cosa è il Mistero: una realtà sociologicamente identificabile che, al di là di tutte le imperfezioni che si possono vedere al suo interno, la sua sola presenza costringe a chiedersi (gli amici con stupore, i nemici con odio): “Perché?”
Ora vado che ho appuntamento al Circo Massimo con una moltitudine di tonni, facciamo il Tonno day dal titolo: a volte ritonnano… ciao!

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Tonno subito