Poveri vecchi

Siamo entrati nella terza fase della comunicazione del corona virus. La prima era: “non c’è problema, è tutto sotto controllo, sono problemi cinesi”. La seconda era: “panico, stiamo morendo tutti, maledetti cinesi, apocalisse”. La terza, cominciata ieri e dovuta al tracollo economico finanziario generato anche dal nostro irresponsabile premier (CNN, qualche centinaio di milioni di spettatori, titolava: “il primo ministro italiano ammette che c’è stata una falla nel sistema ospedaliero italiano”) recita: “Non ci allarmiamo. Non è vero che fa morire tanto. Sì, è il 2-3% degli infetti che muore, ma sono solo dei vecchi”. 2-3% degli italiani sono 1,5 milioni di persone! Ma il tragicomico sta nel “sono solo vecchi e con malattie precedenti”. E allora? Tra i vecchi ciascuno ha amici cari, genitori, nonni. Sono meno persone perché hanno un’età avanzata? Sono meno importanti perché sono già malati? Non val la pena che vivano ancora un po’? Le risposte sono chiare quando uno pensa ai propri cari, ma sui media vige l’effetto terza persona: stanno parlando dei vecchi altrui. E perché poi ci siamo affrettati a difendere i cinesi dall’onda del razzismo e non i poveri vecchi da quella dell’anzianismo (agism)? Forse il buco non è nel sistema ospedaliero ma nelle menti di comunicazionisti disperati.

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