Sulle votazioni americane

Discussioni intense qui a New York sulle prossime votazioni. Dovendo scegliere tra Clinton e Trump, ossia tra due candidati che tutti quelli che incontro giudicano come “invotabili”, riemerge la questione dei famosi criteri per decidere. Già perché per i cristiani occorre comunque decidere: non votare significa sempre far decidere ad altri.
Il fatto è che da quando Dio si è fatto uomo, la politica, l’affetto, il pensiero sulle grandi questioni della vita, sono luoghi e occasioni “sacre”. Tutta la vita, tutta la “carne”, è diventata decisiva perché rapporto con Cristo.
Non solo. Occorre anche prendere un partito (to take side). Proprio perché Cristo c’entra con tutto e giudica tutto, occorre rischiare di schierarsi, sporcarsi le mani per cercare di costruire il bene. Chi non si schiera per non mischiarsi con la corrotta Clinton o con lo stupido Trump decide che conta di più la propria immagine che la costruzione del bene. Che alla fine è più sacra la propria rispettabilità del mondo in cui Dio ci ha messo.
Già ma quale “side”? La Chiesa ha sempre applicato una regola base: la libertà della Chiesa, ossia votare il candidato che permette concretamente più possibilità di vita per la Chiesa stessa. La vita della Chiesa è dunque la difesa della libertà (personale e di educazione) e della vita delle singole persone, in tutte le loro fasi e in tutte le loro modalità.
Che significa? Alla fine, si vota Clinton o Trump? Per questi criteri, direi più il secondo della prima. Ma qualcuno dei pesci di questi mari dice il contrario. C’è ancora tempo per vedere i due a confronto e decidere. Tuttavia, per ora, almeno si è capito che non si può stare a guardare. Chi ama la res pubblica avrà comunque le mani sporche.

Torpedine