Tra pugni e conigli

Mentre viaggiava tra Sri Lanka e Filippine e ritorno il Papa ha usato due espressioni un po’ colorite per dire alcune profonde verità teologiche, sociali, demografiche. Basta tradurre invece che scandalizzarsi.
La prima – illustrata dal fatto che se insulti mia madre rischi un pugno – è una versione popolare e concreta del fatto che la libertà, anche quella di espressione è legata alla verità e la verità include anche fattori affettivi. Non ha detto che “occorre tirare un pugno”, ma che è facile che, insultando temi sacri alle altre persone, senza riguardo alla loro verità, e quindi sganciando la libertà di espressione dalla verità (che include anche un aspetto affettivo), si rischi di lasciare ogni discussione alla sola violenza.
La seconda – quella dei conigli, completata (ma mai nei titoloni dei giornaloni) dal fatto che ogni famiglia deve avere almeno 3 figli – significa solo ribadire il fatto che se vogliamo che la nostra civiltà e la nostra cultura si mantengano occorrono più di 2.1 figli a donna.
E’ una statistica  internazionale, non un’invenzione del Papa. Inoltre, ha specificato che non si mettono figli al mondo senza pensare alla loro educazione e, quindi, che occorre essere responsabili e realisti.
Il profluvio di critiche della nostra intellighenzia (anche cattolica) mi dice che siamo sulla strada giusta. Hanno fatto la gara per fargli la predica sul porgere l’altra guancia, per rimproverarlo di volere la fine del mondo per sovrappopolamento o di avallare l’uso degli anticoncezionali. Ma i milioni di persone normali, ben rappresentati dal popolo filippino, sanno che si tratta di considerazioni normali, realiste e vere, che diventano scomode solo per chi vive in mondi di carta o di potere.
Torpedine

Una risposta a “Tra pugni e conigli”

  1. A proposito di denatalità e procreazine rsponsabile, sentite cosa disse don Giussani, intervistato da Antonio Maria Sicari per un suo libro sul matromionio, ormai più di trent’anni fa: “La difficoltà ad accogliere i figli nasce dal calcolo: se io sono la misura di tutto, allora è giusto misurare anche i figli (non solo nella quantità ma anche nella qualità). La fede invece ci dice proprio il contrario: che io non sono mio, ma di un Altro. Solo da questa persuasione è resa possibile una procreazione responsabile, nella quale entra anche il calcolo, perchè la ragione è anche questo. Ma non in modo egoistico. Piuttosto come voglia di <> nel modo più vero e giusto possibile alle attese di Colui al quale appartengo e per il quale metto al mondo ii figli….

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