Un decreto per serbare i movimenti

Un decreto per serbare i movimenti
Convegno from Pixabay

Contrariamente a quanto detto da alcuni blog e giornali, il decreto sui movimenti e associazioni internazionali promulgato dalla Chiesa venerdì scorso, è un gran bene per i movimenti e le associazioni indicate. Bisogna però riflettere per qualche minuto per capirlo.

Innanzi tutto, bisogna pensare alla storia. I movimenti sono un frutto nuovo dello Spirito Santo, maturato intorno al Concilio Vaticano II. La Chiesa ci ha messo qualche anno a capirli e riconoscerli per poi fidarsene completamente affidando a essi grandi compiti missionari a partire dal Pontificato di Giovanni Paolo II. Alcuni fondatori di questi movimenti sono venuti a mancare con lo stesso Giovanni Paolo II e Benedetto XVI aveva posto la questione dell’inevitabile istituzionalizzazione dei carismi, ovvero di come essi avrebbero potuto continuare senza i fondatori. Nei vari gruppi, movimenti, associazioni ci sono stati vari tentativi, tra cui quello di attribuire ai responsabili pro tempore successivi il carisma medesimo o funzioni pari a quelle dei fondatori. I tentativi sono stati fallimentari, producendo personalismi, divisioni e, perfino abusi. Inoltre, va detto che in alcuni casi, si è scoperto che i medesimi fondatori avevano compiuto alcuni misfatti o abusi. Ciò non toglie la validità del carisma che non appartiene personalisticamente nemmeno al fondatore. Tutti i carismi sono dello Spirito Santo e sono affidati a una persona, che, per il peccato originale, può sempre tradire.

La Chiesa ha dunque maturato la consapevolezza che, affinché non si perdano i carismi e il loro fascino, occorre che ci siano degli argini all’esercizio dell’autorità, che viene limitata nel tempo (10 anni al massimo, salvo esenzioni che valgono solo per i fondatori ma devono essere comunque concesse dalla Chiesa per i motivi detti sopra) e che ci siano processi di rappresentanza che facciano emergere persone nuove in grado di far crescere queste storia di grazia con modalità diverse.

Non si tratta di democraticismo, ma di chiarire che, alla morte del fondatore, il carisma appartiene a tutte le persone che sono state affascinate da quel carisma e che essi ne devono essere responsabili del tutto e fino in fondo. Non c’è alcuna successione di carisma di capo in capo né si può esercitare l’autorità senza rispettare la libertà di tutti i membri di una comunità, gruppo o movimento attraverso un’adeguata rappresentanza. Il principio di base non è l’uguaglianza giacobina ma quello dei monasteri medievali: ciò che deve essere vissuto da tutti deve essere approvato da tutti.

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