Uomini-robot?

Uomini-robot?
Foto di kiquebg da Pixabay

La modernità ha prodotto il delirio della volontà di onnipotenza con cui si vuol sostituire il soggetto umano al divino. Feuerbach aveva annunciato che «gli esseri umani dovrebbero credere a se stessi invece che in un riflesso del proprio essere»: la scomparsa del divino si rivela, alla fine, un processo di sacralizzazione dell’uomo stesso che porta a nuove forme di spiritualità. Ritorna dunque l’antica patologia della volontà di potenza a lungo combattuta dalla teologia e dalla filosofia, ma divenuta uno dei ritornelli per i tanti ripetitori del transumanesimo.

«Non siamo soddisfatti quando conduciamo un’esistenza pacifica e prospera. Piuttosto, diventiamo soddisfatti quando la realtà corrisponde alle nostre aspettative»; la nostra «soddisfazione» psicologica coincide con il soggiogamento della realtà alla volontà! «La reazione più comune della mente umana ai risultati raggiunti non è la soddisfazione, ma il desiderio di ottenere di più». Queste dichiarazioni stimolano quanti sono affetti dalla patologia del tiranno che non si accontenta mai e vuole sempre proiettare la propria volontà di potenza sul mondo trasformandolo a proprio piacimento. 

Il transumanesimo è un’ideologia del salto della tecnica dall’oggetto tecnologico (cosa), all’umano; è la presa di comando della meccanizzazione o il mito della macchina. Secondo il mito dell’efficienza, l’essere umano in rapporto alla macchina è considerato inefficiente e, in casi estremi, anche obsoleto. 

La macchina ha cicli di operatività che conducono all’obsolescenza ed è da qui che prende spunto il transumanesimo, dalla mentalità tecnologica applicata alla specie umana da cui si pretende l’ipotetica necessità di un superamento dell’umano nel transumano. Il pensiero dei transumanisti segue questo concetto e, considerando l’essere umano inefficiente e antiquato, pensa di caricarlo dentro un marchingegno tecnologico. Per persone ragionevoli questo «caricamento» dentro una macchina, appare già come una forma d’imprigionamento più raffinata e crudele.

Ma è la coscienza a rappresentare un problema all’efficienza o la stessa razionalità umana? Non è forse anche questo il motivo per cui la società tecnologica genera una razionalità strumentale contraria ad una ragione che ingloba la pietas e l’humanitas?  Il soggetto efficiente, se vuol far bene il proprio lavoro, deve ripetere, senza titubare, dei protocolli prestabiliti, senza porsi alcuna domanda o frapporre la propria umanità tra sé e l’obiettivo prestabilito: sia questo l’imbarco di passeggeri in un aereo o il lancio di un missile termonucleare! Emerge un livello di estraneazione psicologica che stravolge la psicologia individuale fino a condurre, in molti casi, alla ricerca di sostegni farmacologici, fughe da una realtà che non riconosce più l’individuo come tale.

Vi è un altro aspetto del transumanesimo che è quello etico ed è, forse, il più preoccupante. L’essere umano visto come cosa può anche venire usato come tale. Qualunque visione del mondo che tratti l’essere umano come «disponibile», a «disposizione» di una tecnologia, di una teoresi qualsiasi o di un’ideologia politica, è sostanzialmente nemica dell’individuo in quanto tale, come ci insegna la storia. Che dire, allora, di un pensiero che si pone quale presupposto il superamento effettivo dell’essere umano? Un superamento verso dove? Se vogliamo vivere in paradiso, dovremo progettarlo da soli. Se vogliamo la vita eterna, allora dovremo riscrivere il nostro codice genetico pieno di bug e diventare come un dio. Paul Claudel aveva già detto che «Quando l’uomo cerca di realizzare il paradiso in terra, sta in effetti preparando un inferno molto rispettabile».

Moscardino