A proposito del DdL ZAN

A proposito del DdL ZAN
Studio from Pixabay

Qualche settimana fa, durante un pranzo tra amici, abbiamo provato a formulare un giudizio sul cosiddetto DdL Zan, il disegno di legge che prende il nome dal deputato del PD Alessandro Zan e che ha come scopo la lotta “alla discriminazione e alla violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.

Uno degli argomenti su cui abbiamo discusso riguarda le varie modifiche che il disegno di legge, laddove venga approvato dal Parlamento, apporterebbe al Codice penale. Principalmente, inserirebbe tra le possibili motivazioni di istigazione all’odio quelle basate su “sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”, andando a modificare in particolare: la legge Mancino, che norma i “delitti contro l’eguaglianza”; l’art. 604-bis e l’art. 604-ter c.p., anch’esse disciplinanti i “delitti contro l’eguaglianza”. Un altro punto su cui riflettere  è l’istituzione della “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” nella giornata del 17 maggio e lo stanziamento di fondi al fine di organizzare discussioni, mostre e incontri di sensibilizzazione durante quella giornata nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle altre amministrazioni pubbliche.

Tali tutele sono già presenti nel nostro ordinamento? Ebbene sì! La Costituzione, il Codice Penale italiano e altre leggi tutelano già la persona nella sua interezza contro qualsiasi tipo di discriminazione e violenza. Il problema si pone soprattutto nel momento in cui si passa dal piano dell’oggettività a quello della soggettività: l’articolo 1 del DdL Zan, infatti, definisce alcune “caratteristiche” proprie della persona – genere, identità di genere, sesso, orientamento sessuale – di cui solo il sesso si basa su un dato oggettivo.

L’indefinitezza e la poca chiarezza del reale significato di tali categorie, unita al fatto che questi termini sono sconosciuti ai più, pone seri problemi di applicazione di questa legge creando un sistema sanzionatorio basato sulla mera percezione soggettiva che una persona ha di se stessa o come gli altri la “etichettano”. Basare una legge sulla propria percezione di sé e del mondo rischia di avere conseguenze disastrose, rischiando di generare una confusione tale da impedire la libera manifestazione del pensiero, così come tutelata dall’articolo 21 della nostra Costituzione.

L’articolo 4 del disegno di legge, rubricato “Pluralismo di idee e libertà delle scelte” è alquanto controverso e meriterebbe un serio dibattito in Parlamento, data la poca chiarezza con cui si fa riferimento a quelle idee o scelte” che siano “idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.  Questo articolo solleva un problema anche sotto un altro profilo. Esso, infatti, stabilisce che “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Alla luce di una norma costituzionale, quale l’articolo 21, è davvero necessario ribadire che la libertà di espressione deve essere tutelata? La proposta di legge, così come formulata, pare voler andare a colpire direttamente la libertà di pensiero e di espressione. Leggendo l’articolo 4 appare evidente come ci si ponga in modo diverso rispetto al reato di ingiuria. Sembra piuttosto che si voglia andare a colpire il pensiero che non segue la corrente mainstream del momento.

È chiaro che, rispetto ad altri temi come discriminazione razziale, religiosa o basata sul sesso – temi già ampiamente trattati e affrontati nel corso della storia recente – questa legge si pone su un piano decisamente diverso. Il modo in cui viene affrontata la discriminazione e le varie sfumature che vengono date alla realtà e alla propria percezione di sé e del mondo ci fanno pensare che, forse, lo scopo ultimo di questa legge non è punire le discriminazioni, ma piuttosto introdurre un nuovo modo di pensare la relazione tra l’uomo, la donna e, più in generale tra le persone, che pretenda di porre una soluzione ad un problema che in realtà non esiste, di recepire un sentire comune riconducibile al mero pensiero mainstream del momento.

Per una discussione più approfondita rimandiamo a questi due interessanti contributi:

  1. Incontro su questo disegno di legge tenuto dal magistrato Luigi Catelli qualche giorno fa (QUI il video);
  2. Incontro lunedì 7 giugno alle ore 21:15 organizzato dal Circolo Feltre Milano (QUI il link).

 

Banco di pesci