C’è una goccia che sale le scale

C’è una goccia che sale le scale
Gocce su ringhiera from Pexels

Da insegnante di lettere c’è un momento dell’anno che aspetto con ansia, ossia quello in cui posso finalmente affrontare Dino Buzzati, uno dei miei autori preferiti in assoluto. Dopo aver inizialmente letto con i ragazzi alcuni racconti famosi e forse più semplici, per cominciare a stuzzicare in loro la curiosità nei confronti di un autore che riempie le sue pagine di mistero e lascia aperte mille possibilità di interpretazione, ho sottoposto loro un testo che sapevo li avrebbe “irritati” parecchio!

Il brano è La goccia e, per chi non l’avesse mai letto, parla semplicemente (si fa per dire!) di una goccia d’acqua “che sale i gradini lungo la tromba delle scale lettera E dello sterminato casamento” in cui abita il protagonista.

Succede qualcosa in particolare? No. I personaggi vedono siffatta goccia salire? No. Qualcuno almeno l’ha mai vista per poter dire che si tratta di una goccia che sale? No. E come fa poi a salire una goccia? E come fanno a sapere i condomini che è una goccia quella che sale, se nessuno l’ha mai vista? È così e basta! Buzzati non vuole che si trovi un significato simbolico dietro questo fatto, non vuole che ci si veda  un’allegoria di qualcosa, nulla di tutto ciò: lui vuole che accettiamo che esista un fatto inspiegabile.

Con i ragazzi è iniziata un’animata discussione proprio su queste domande e ognuno, dopo l’iniziale fastidio apertamente dichiarato per l’apparente insensatezza del racconto, alla fine si arrovellava per cercare di capirlo, per trovare risposta alle domande. L’aspetto che li colpiva di più è che ad un certo punto della storia appare evidente che la gente, pur inquietata dal rumore della goccia che sale, non può più farne a meno e la notte si sente quasi quasi più tranquilla se ne avverte il suo ticchettio.

Saremmo andati avanti all’infinito… sennonché un ragazzo ha avuto un’intuizione, trovando così una chiave di lettura! S. alza la mano e dice: “Il fatto è che sembra che per queste persone avere un mistero nella vita, come la goccia, dia senso alla loro vita, per questo non aprono la porta per vedere la goccia e per questo la aspettano con ansia tutte le notti”. Come a dire: se si elimina la categoria del mistero, dell’ignoto,  la vita non è più vita o lo è di meno. Mi colpiva come, una volta approdati a questa constatazione, il problema di tutti non fosse più focalizzato sulla stranezza della goccia che sale i gradini, anzi questa era diventata una cosa persino credibile (c’è da dire che alle medie la categoria della possibilità è sempre molto aperta!). La vera questione era un’altra, che è poi quella che mi fa impazzire dei racconti di Buzzati e che i miei alunni hanno percepito: che esiste un mistero, che questo ti aspetta dietro la porta e che, anche se non lo conosci o non lo vuoi conoscere, ti rassicura perché di fatto c’è e in qualche modo ti chiama.

 

Pesce Volante