Distanza fisica e (è) distanza affettiva

Distanza fisica e (è) distanza affettiva
Distanza fisica from Pixabay

“Occorre che la distanza fisica non diventi distanza affettiva”.

Questa frase, sentita per caso una domenica mattina da un prete di periferia che ricordava quanto importante fosse fare catechismo in presenza, mi ha fatto pensare. Purtroppo, se non si corre ai ripari, che “la distanza fisica diventi anche distanza affettiva” è un po’ inevitabile che accada, perché l’uomo è uno, anima e corpo. Se fisicamente c’è una lontananza, una distanza fisica, questa distanza si ripercuote anche nel cuore e nella mente della persona. Pensiamo a quanto sia importante il contatto fisico per un bambino piccolo: come cresce distorto nella psiche se non viene mai abbracciato!

Allora, punto 1:

la relazione fisica è fondamentale per sostenere e rendere certa la relazione affettiva. L’affezione è alimentata da un rapporto reale fatto, sicuramente, di parole ma anche di sguardi, gesti, atti impliciti.

È anche vero, tuttavia, che l’uomo è un essere speciale nella realtà del cosmo. E può mantenere vivo il fuoco sotto la cenere, se è spinto da una grande forza ideale, che mantiene vicini nell’animo anche se si è, per circostanze avverse, obbligati a stare lontani. Pensiamo a quanti soldati in guerra hanno mantenuto l’amore indistruttibile per la loro amata lontana. O pensiamo all’affetto infinito che esprimono gli occhi di chi, da lontano, saluta la persona amata che parte. Un grande amore vince anche la lontananza fisica. Perché l’uomo è fatto di anima e corpo. Ma vince l’anima!

Allora, punto 2:

la relazione fisica è connessa e fondamentale per alimentare la relazione affettiva, ma non ne è l’origine. L’origine dell’affezione è più profonda. Ha a che fare con il mistero dell’essere di ciascuno di noi in cui vive qualcosa di misteriosamente divino, che, quando intercetta qualcosa di corrispondente, si accende tanto da valicare le montagne delle difficoltà e vincere lo scorrere del tempo.

Certo è che, se uno non fosse obbligato da circostanze avverse, per natura l’essere umano è fatto per la relazione, la vicinanza, il contatto fisico, la carnalità.

Penso, quindi, ritornando alla nostra strana epoca Covid, che non dobbiamo vergognarci di dire “Mi manca il contatto fisico”, “Che bello quando potevamo vederci”, “Cerchiamo di vederci anche se con mille attenzioni”. Meglio dire “pane al pane e vino al vino”. Affermare la verità aiuta sempre a sostenere anche il sacrificio della difficoltà o dell’impedimento.

Questo vale anche per la scuola. Siamo costretti a fare didattica a distanza. Ma non possiamo che dire: “La scuola in presenza è indubbiamente una scuola migliore. La didattica a distanza è un’altra cosa.”

Infatti, poiché la conoscenza è affettiva, la questione è centuplicata. Se non siamo sinceri su questi punti, rischiamo, il giorno in cui sarà nuovamente possibile rientrare in 30 in un’aula senza mascherine, di essercene dimenticati e di rifiutare di farlo! Non possiamo abituarci a una vita “un po’ meno”. Né noi né i nostri ragazzi.

Dire così non vuol dire necessariamente lamentarsi. Vuol dire vivere la realtà che si ha di fronte con impeto creativo, inventandosi modalità che possano aiutare a incontrarsi, nei limiti delle norme consentite, trovare cioè quei margini di libertà che riattivino la vita. E aiutarsi, anche nel concreto della didattica, a mantenere vivo l’interesse per la realtà, come possibile, anche attraverso il monitor quotidiano! Perché la vita è mondo, è movimento, è libertà, è parola e gesti, è incontro e dialogo.

Stella Marina