Dopo una inimmaginabile settimana natalizia in Repubblica Dominicana sono tornata a Montreal, in Quebec, a fare il mio lavoro. Oltre allo shock di passare da +27 gradi a -27 gradi, sono stata in qualche modo colpita, per fortuna, da un altro aspetto. Qui a Montreal se sali in ascensore e c’è qualcun altro è normale non salutarsi; al lavoro è normale mangiare ognuno per conto suo davanti al computer; se poi sei cattolico, e vai a messa, nessuno ti dà la pace, nessuno si sporge di un millimetro dal banco per avvicinarsi a te (e siamo in dieci in tutto!). Qui nessuno vuole disturbare nessuno. Li, a Santo Domingo, conciati come sono conciati, con diversissime forme di umanità, tutti ti si avvicinano, ti offrono quel poco che è tutto quel che hanno, ti invitano a cena e non ti lasciano andare via senza un regalo. Quando vai a messa, non ti danno appena la mano, ti abbracciano e ti baciano. Forse esagerano nel senso opposto, ma sicuramente ti accorgi di un aspetto vero. Insomma, non fa loro ribrezzo l’impastarsi con te. Anzi, ne son contenti. E per quanto possa anche disturbare un po’, però ti accorgi che è più umano così e che, a lungo andare, è disumano nell’altro modo. Io me ne sono accorta ieri, quando a messa a Montreal ho sperato che qualcuno si avvicinasse un po’ di più e si sporcasse la vita con me. Perché pensavo che in fondo quella è la comunità cristiana: siamo davvero fratello e sorella, siamo cristiani, daremmo la vita l’uno per l’altro, e non mi dai neanche la mano? Di Santo Domingo ti resta il fatto che si tratta di una umanità che risponde a un bisogno vero che abbiamo, un bisogno di calore, di carne, di condivisione concreta del destino. L’altro modo, invece, è disumano perché ti svuota pian piano, e ti lascia solo. Ma è contro la natura del fatto che sei bisogno. C’è qualcosa in noi che si ribella. Così ieri mi sono seduta nell’unico posto libero del tavolo di un bar, davanti a me un ragazzo. Stessa scena, stessa presumibile continuazione solitaria del pranzo, ma uno può dire: «No, dai, così non c’e’ gusto…», e fare una domanda vera. Si chiama Zaho, studia psicologia, viene dalla Malasya. Ha una bella faccia.
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