Javert il fariseo. Come stravolgere un capolavoro

L’ordine era il suo dogma e gli bastava; da quando egli aveva raggiunto l’età d’uomo e di funzionario, metteva nella polizia press’a poco tutta la sua religione. Egli aveva un superiore: il signor Gisquet; e sino a quel giorno non aveva mai pensato ad un altro superiore: Dio”. Chi ha letto I Miserabili, o ha visto una delle numerose trasposizioni cinematografiche della celeberrima opera di Victor Hugo, non faticherà ad individuare il personaggio descritto da queste parole: si tratta di Javert, l’implacabile ispettore di polizia che per tutto il romanzo dà la caccia a Jean Valjean, il protagonista dell’opera. Di recente, proprio mentre stavo completando la lettura de I Miserabili, ho avuto modo di vedere per la prima volta l’ultima trasposizione cinematografica del romanzo, quella realizzata sotto forma di musical. Una versione che nel suo allestimento teatrale ha avuto un grande successo di pubblico, ma che, nel confronto con il testo, si rivela molto “debole” e lontana dalle intenzioni dell’autore, innanzitutto per l’accentuazione fortemente sentimentale, che va ben al di là di alcuni toni sentimentali che pure sono reperibili nel romanzo, e poi in due punti tutt’altro che secondari nei quali la scelta degli sceneggiatori stravolge quella di Hugo. Il primo è la conclusione del film-musical, che inneggia ad un “futuro migliore”, che dovrebbe portare a compimento gli sforzi umani rimasti incompiuti in un non ben definito aldilà in cui riecheggiano parole cristiane in uno sventolio di bandiere rosse e tricolori francesi, conclusione del tutto assente nel romanzo. Il secondo, ancora più significativo, è proprio quello che riguarda l’ispettore Javert, che nel musical è presentato come colui che intende svolgere la propria missione in ossequio e in obbedienza a Dio, una sorta di “fariseo” che crede di obbedire a Dio rispettando e facendo rispettare irreprensibilmente le leggi, mentre il brano sopra riportato, pronunciato da Javert al termine del romanzo (brano che qui potete leggere per intero), rimette le cose a posto e ci attesta che nel cuore dell’ispettore non c’è nulla che possa neanche lontanamente essere ricondotto ad una posizione “religiosa”. Insomma, vale sicuramente la pena fare la fatica di leggere I Miserabili. Ma se volete evitarvi la fatica e ricorrere al cinema, non fatelo con Les Miserables (molto meglio, ad esempio, l’omonimo film del 1998 di Bille August con Liam Neeson e Geoffrey Rush).

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