Un castello di inganni (Believing to lie)
La George, giallista americana di notevole spessore, sembra aver trovato la chiave del successo: una miscela cinica di sesso quanto basta, pensieri politically correct e una massiccia dose di ideologia progressista. In questo romanzo l’autrice, pur riconfermando tutti gli elementi già elencati, mostra una maggiore partecipazione emotiva alle vicende dei protagonisti che sono tratteggiati nella loro umanità. In un’atmosfera irreale della Cumbria questi naufraghi della vita cercano di galleggiare in un mare di inganni, o sarebbe meglio dire, credendo in qualcosa che non esiste. Attorno ad una morte sospetta si delineano famiglie allo sbando, con il marito che rifiuta moglie e figlio per convivere con un pakistano, interessato solo a trarre profitto dalla relazione; il figlio, abbandonato da tutti, soprattutto dalla madre distaccata e indifferente, scivola nell’autodistruzione accettando di comparire in un film verità dal taglio porno sadico estremo; e infine, il vero e commovente protagonista del romanzo, una “donna” argentina (in realtà un trans) che è in fuga dalla famiglia originaria, dai rapporti precedenti e fondamentalmente da se stessa, che sogna di generare un figlio suo. Questo desiderio si incontra con quello analogo dell’investigatrice londinese, a tal punto desiderosa di maternità da farlo diventare una comune ossessione. Un tragico affresco della menzogna che domina e regola l’esistenza di molte famiglie nella moderna quotidianità.
Pesce Palla