LET HER GO

Due incontri di presentazione interessanti per due libri importanti cui ho avuto il piacere di assistere questa estate.

Su “L’Annuncio a Maria”, presentato dal Prof. Giovanni Maddalena, vorrei soffermarmi su un aspetto, forse marginale, che il relatore ha toccato alla fine, riportando un concetto che Tolkien aveva espresso nell’Epilogo del saggio Sulle fiabe (1939). «La gioia può essere totale solo se prima le cose vanno veramente male, lui (Tolkien) la chiamava eucatastrofe; diceva che così è la storia della salvezza, è come la morte e la resurrezione, bisogna che le cose vadano veramente male per poi essere veramente contenti che le cose vadano veramente bene». Le cose sono così anche nella storia di ciascuno di noi nella vita normale: il dolore ed il fallimento sono spesso la condizione necessaria per la felicità e per il compimento.

L’altra presentazione è quella de “I Promessi Sposi”, a cura della Prof.ssa Mariella Carlotti che, dopo aver letto il passo del XXI capitolo del romanzo, “Stava l’Innominato tutto raccolto in sé, impaziente che venisse il momento d’andare a levar di pene e di carcere la sua Lucia: sua ora in un senso così diverso da quello che lo fosse il giorno avanti”, così lo ha commentato: «Ecco, quando uno fa un incontro, questo è importante per la vita perché cambia il modo con cui dice IO, ma se cambia il modo con cui dice IO, cambia il modo con cui dice MIO. Come diceva Kirkegaard “Mio non è ciò che mi appartiene, mio è ciò a cui io appartengo”. Perché se noi fossimo minimamente veri, potremmo constatare che noi non possiamo dire mio a niente; c’è qualcuno che può dire “la mia vita”? Che può dire “mio figlio”, che può dire “mia moglie”? Perciò l’uomo può dire mio, con verità, solo a Dio, può dire solo “Dio mio”. L’Innominato dice di Lucia “sua”, ma prima lo diceva perché era sua prigioniera, adesso lo dice perché la libera. Perché dire “MIO” o è una violenza che possiede o è un amore che libera».

Queste due sottolineature mi hanno riportato alla mente la canzone “Let her go” di Passenger (https://www.youtube.com/watch?v=RBumgq5yVrA), che vi invito a riascoltare.

Beh, hai bisogno della luce solo quando si sta spegnendo.
Ti manca il sole solo quando inizia a nevicare.
Ti rendi conto di essere arrivato in alto solo quando ti senti giù.
Odi la strada solo quando ti manca la casa.
Fissi il fondo del tuo bicchiere sperando un giorno di far durare il tuo sogno.
Ma i sogni arrivano lentamente e spariscono così in fretta.
La riesci a vedere quando chiudi gli occhi.
Forse un giorno capirai perché tutto ciò che tocchi muore sempre.
Fissi il soffitto nell’oscurità, hai sempre la solita sensazione di vuoto nel cuore, perché l’amore giunge lentamente ma sparisce in fretta
La vedi quando ti addormenti, ma non riesci mai a toccarla o tenerla stretta, perché l’hai amata troppo e sei affondato troppo in profondità.
Ti rendi conto di amarla solo quando la lasci andare.
E la lasci andare. E la lasci andare. E … la lasci andare”.

Anche dalla canzone si percepisce che il dolore e il fallimento (tutto ciò che tocchi muore sempre, …, e sei affondato troppo in profondità) non sono l’ultima parola sull’esistenza di ciascuno e che il vero possesso è in un distacco, “Let her go”.

Pesce (ner)Azzurro