Letture (poco) da spiaggia

Sono una donna

Nessuno può immaginare
quel che dico quando me ne sto in silenzio
chi vedo quando chiudo gli occhi
come vengo sospinta quando vengo sospinta
cosa cerco quando lascio libere le mie mani.
Nessuno, nessuno sa
quando ho fame quando parto
quando cammino e quando mi perdo,
e nessuno sa
che per me andare è ritornare
e ritornare è indietreggiare,
che la mia debolezza è una maschera
e la mia forza è una maschera,
e che quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
e io glie lo lascio credere
e avvengo.

Hanno costruito per me una gabbia affinché la mia libertà fosse una loro concessione
e ringraziassi e obbedissi.
Ma io sono libera prima e dopo di loro,
con loro e senza di loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta.
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della prigione è la loro lingua
ma la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio desiderio
e il mio desidero non riusciranno mai a domare.

Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia loro proprietà
e io glie lo lascio credere
e avvengo.

(Joumana Haddad – poetessa libanese)

Ho trascritto questa poesia dopo aver letto (con grave e colpevole ritardo) un articolo su Nadia Murad, 21enne yazida rapita in Iraq e torturata e violentata per tre mesi da un commando di miliziani islamici. Nadia è riuscita a fuggire e a raccontare la propria storia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a New York, ma quante donne, ogni giorno, vengono usate, abusate, vendute, torturate, uccise da certo mondo islamico?

(La poesia è tratta da un’antologia di poetesse arabe contemporanee curata da Valentina Colombo per la Piccola Biblioteca Oscar Mondadori pubblicata con l’emblematico titolo “Non ho peccato abbastanza”…)

Alice