Michael Paul Gallagher – Gabriele Palasciano, “Credere e non credere. La fragilità della fede nel mondo di oggi”, (libro-intervista), EDB, Bologna 2017.

Questo libro, (Michael Paul Gallagher (1939-2015), gesuita irlandese, ha insegnato Letteratura inglese all’University College di Dublino e Teologia fondamentale alla Pontificia Università Gregoriana) parla della radicalità della fede, che non è radicalismo, ma fede sentita, pensata e vissuta, che diventa radice: “un credere veramente pacato non ha bisogno di radicalizzarsi perché è già radicato in profondità”.

L’autore contesta “il riduzionismo della realtà a una sola dimensione, invitando al superamento dei residui del positivismo e del naturalismo scientifico, confrontandosi con l’eccessiva sopravvalutazione delle scienze empiriche e del modello scientifico”, ma riconosce che “in occidente la Chiesa ha perso drammaticamente rilevanza, influenza sociale e significato, cessando così di essere il centro della vita individuale e collettiva”.

La non credenza non è solo una tragedia, bensì occasione per uno sguardo diverso: “Occorre considerare in senso positivo il fenomeno della non credenza, ovvero come una forma di ‘purificazione’ del modo di essere credenti e dell’appartenenza ecclesiale. In tal senso si supera una visione meramente sociologica della non credenza per approfondirne il significato teologico e culturale. Il tema della purificazione della fede rinvia a quello delle periferie esistenziali così care a papa Francesco, perché occorre risvegliare il cuore stesso dell’uomo”. Gallagher ricorda con Benedetto XVI che ‘l’evangelizzazione coincide con un risveglio del cuore’.

Occorre necessariamente confrontarsi con la non credenza nella fede. Tommaso d’Aquino sottolineava l’imperfezione della conoscenza nella fede, aggiungendo che il credente “condivide qualcosa con coloro che dubitano, sospettano e possiedono una vaga opinione”; questa non è una candida canonizzazione della non credenza. Scrive Callagher: “La non credenza può essere, allo stesso tempo, un’amica della fede poiché la purifica, e una nemica, in quanto non accetta la fede, ma la ostacola”.

Una delle sfide oggi riguarda “la possibilità di disporre il cuore umano al ritrovamento del desiderio di Dio, in una società frammentata”.

La grande sfida contro la fede non è l’ateismo teorico, ma l’ateismo vissuto, pratico e indifferente. Questo ateismo è un ateismo culturale “rappresentato dall’immaginazione umana sequestrata dal mercato, che costituisce una nuova forma di idolatria. Nella Bibbia non esiste la non credenza, non è contemplato un ateismo culturale, ma esiste l’idolatria che mina la fede nell’unico Dio”.

In breve, la crisi antropologica è l’aspetto più consistente dell’ateismo contemporaneo.

Moscardino