Reagire difendere combattere

Reagire difendere combattere
Afghanistan from Pixabay

A me hanno insegnato che per dare un giudizio serio, esauriente, affidabile su un determinato avvenimento occorre “tenere presenti tutti i fattori in gioco” rispetto a quel fatto.

Quando si parla di questioni lontane da noi e molto complesse, come la vicenda afghana, per dare un giudizio sensato occorrerebbe avere a disposizione molte informazioni per evitare di dare giudizi approssimativi ed esprimere opinioni superficiali o non corrette.

Considerato che non è possibile avere a disposizione tutte le informazioni necessarie, per tentare di dare una valutazione complessiva dobbiamo correre qualche rischio e per approssimazione arrivare a formulare un parere, un’idea, un convincimento sulla situazione.

Per correre meno rischi possibili io mi limiterei a prendere in considerazione un solo aspetto che resta, comunque, molto complicato e che espliciterei attraverso alcune domande.

Perché la popolazione non rimane in Afghanistan a difendere la propria terra, le proprie cose, la propria dignità, i propri ideali? Perché in così pochi stanno seguendo il figlio del “Leone del Panjshir”? Perché non si riesce ad organizzare una resistenza energica, efficace, naturalmente armata? È possibile che l’unica opposizione sia prerogativa di un centinaio di donne che coraggiosamente sfidano il regime e l’ideologia talebana?

Se usassimo un “approccio controfattuale” ed il “metodo dell’inferenza causale” risulterebbe che 20 anni di presenza occidentale non hanno prodotto gli effetti desiderati e che non è stato possibile modificare nella direzione auspicata le condizioni della popolazione afghana.

Però non basta limitarsi a definire il ritiro una débâcle dell’occidente; è troppo semplice e comodo. Non credo sia colpa dei vent’anni di “occupazione” straniera ad aver svuotato il popolo afghano. Il problema è che la sua maggioranza vuole che le donne portino il burqa…

È difficile trovare le basi per costruire una proposta integrale che sappia convincere i cuori e le menti degli uomini. È problematico realizzare un’educazione che persegua una vera promozione umana. È arduo lottare per la trasformazione di una tradizione secolare che non si riesce ad intaccare.

Forse varrebbe la pena lasciare tutto, partire subito e unirsi a quei pochi che stanno con Ahmad Massoud per affermare che non solo i talebani sono capaci di dare la vita per i principi in cui si crede: reagire, difendere, lottare e combattere.

 

Pesce (ner)Azzurro