Ricchi esploratori e poveri migranti: siamo tutti sulla stessa barca

Ricchi esploratori e poveri migranti: siamo tutti sulla stessa barca
Foto di Lukas, Pexels

Dopo giorni di sospensione, si può mettere un punto alla vicenda del sottomarino Titan e dei suoi passeggeri. Si riprende fiato e si gonfiano i giornali, i social, i bar e le fermate del bus di parole. I professionisti del giorno dopo hanno rilasciato interviste sulle falle tecniche del sottomarino, le ancelle della morale hanno sottolineato lo status economico dei cinque membri dell’equipaggio, i sacerdoti del perbenismo hanno colto l’occasione per sottolineare la sovraesposizione mediatica del Titan rispetto al nubifragio sulle coste greche di oltre 700 migranti.

L’avventura e la morte dei cinque esploratori è un caleidoscopio di emozioni e giudizi, ci sembra di dover girare e rigirare la lente per poter cogliere e soprattutto capire la vicenda di una navicella carica di uomini che hanno avuto tutto dalla vita sprofondare negli abissi. Quelle cinque grandi esistenze di successo sembravano rimpicciolire man mano che le sonde di ricerca si inoltravano nell’immensità dell’oceano, come quando si cercano i dispersi in montagna e pare impossibile trovare un metro e qualcosa di essere umano nelle smisurate distese di ghiaccio. Come i corpi sparpagliati tra le onde, girati e rigirati dalla schiuma, che le piccole barchette ribaltano nel mare. Quanto è piccolo l’uomo rispetto al mare, al cielo, ai ghiacciai, alla Luna, al Polo Nord.

Quanto è grande il suo desiderio?

Che ampiezza ha il desiderio di una vita dignitosa per sé e per i propri figli, il desiderio di toccare il cielo dalla vetta di un monte, il desiderio di avvicinarsi alle stelle, il desiderio di inabissarsi nel profondo dell’oceano per vedere il relitto di una nave?

Si può misurare la risoluta determinazione di scappare, sopravvivere, vivere senza guerra, scoprire, conoscere l’ignoto, di sfuggire alla noia, di provare un’altra emozione perché i soldi le hanno già comprate tutte?

“Se la sono cercata” si dirà di alcuni, “non avevano alternative” si dirà di altri. Cherles Peguy ha detto “Non basta una vita d’uomo per conoscere l’uomo”.

Medusa