Su foto e selfie aveva già capito tutto Calvino (prima di Instagram)

Su foto e selfie aveva già capito tutto Calvino (prima di Instagram)
Foto creata da gpointstudio – it.freepik.com

“E nell’ansia che ti perdo ti scatterò una foto” (Tiziano Ferro)

Vivere per postare o postare per vivere? Me lo chiedo sul bagnasciuga di una spiaggia affollata di cellulari in mano ad adolescenti in perenne posa selfie, di genitori che inseguono i figli per fotografarli, di uomini di mezza età che ordinano un piatto e impugnano il cellulare prima della forchetta. Narcisismo, esibizionismo, scollamento tra ciò che siamo e ciò che vogliamo far credere di essere…
La tecnologia, internet, i social ci hanno cambiati? Sempre sul bagnasciuga mi capita di leggere un racconto di Italo Calvino: “L’avventura di un fotografo”. Antonio, il protagonista, assiste dubbioso e polemico al dilagare della fotografia istantanea e rimpiange “il modo in cui i nostri nonni si mettevano in posa, la convenzione secondo la quale venivano disposti i gruppi” e il rituale dei preparativi. “Cosa vi spinge, ragazze, a prelevare dalla mobile continuità della vostra giornata queste fette temporali dello spessore di un secondo?” chiede Antonio a due amiche che giocano a palla e gli chiedono uno scatto. “Non è una scelta fotografica la vostra, è una scelta di vita che vi porta a escludere i contrasti drammatici, i nodi delle contraddizioni, le grandi tensioni della volontà, della passione, dell’avversione”. Durante una gita domenicale con un gruppo di amici il personaggio di Calvino riflette: “Uno dei primi istinti dei genitori, dopo aver messo al mondo un figlio, è quello di fotografarlo e data la rapidità della crescita si rende necessario fotografarlo spesso, perché nulla è più labile e irricordabile d’un infante di sei mesi, presto cancellato e sostituito da quello di otto mesi e poi d’un anno; è tutta la perfezione che agli occhi dei genitori può aver raggiunto un figlio di tre anni non basta a impedire che subentri a distruggerla la nuova perfezione dei quattro, solo restando l’album fotografico come luogo dove tutte queste fugaci perfezioni si salvino e giustappongano, ciascuna aspirando a una propria incomparabile assolutezza”. Antonio poi si innamora di una ragazza e comincerà anche lui a fotografarla ossessivamente. È rassicurante e drammatico allo stesso tempo riscoprire che lo scorrere del fiume inarrestabile dei cambiamenti, del progresso, della tecnologia poggia sul letto di una umanità in ultimo immutabile che ha sete di eterno e teme la fugacità.
Medusa