Sul ritorno di Silvio

Un mio amico scrive che Berlusconi è un “pagliaccio” e che vuole rovinare il Paese. Un altro sostiene che il suo unico problema è il legittimo impedimento e che vuole solo portare con sé in Parlamento la solita corte di yesmen e – soprattutto – yeswomen. Le colpe gravi di Berlusconi non sono quelle morali (che abbiamo tutti) ma di non aver fatto vere e proprie riforme pur avendo la maggioranza più ampia della storia repubblicana e di aver così poco il senso delle Istituzioni pubbliche da aver esposto le medesime a risse e ludibrio internazionale. Inoltre, forse ancor più grave, la colpa culturale di non aver affatto aiutato una concezione di uomo (e di donna!) derivante dalla tradizione della quale pure egli è espressione.
Tuttavia, Berlusconi capisce di comunicazione e ha un fiuto incredibile per la situazione della “pancia” del Paese. L’Italia è un Paese di centro-destra estremamente moderato e popolare. Per la prima caratteristica non sarà mai ben rappresentato dai Vendola e per la seconda soffrirà sempre i Monti.
La mossa di sparigliare le carte adesso è politicamente giusta. Approvando la legge di stabilità e poi facendo saltare il banco, Berlusconi ricorda alla maggioranza degli italiani che, pur dovendo essere responsabili, non devono avere necessariamente il complesso della sinistra benpensante e dei salotti buoni, che c’è qualcosa di buono nel difendere la famiglia eterosessuale con conseguente adozione, che non c’è nulla di riprovevole nel non gioire per tasse che sono metà dello stipendio, che vedere i problemi del multiculturalismo non significa riufiutarlo o essere razzisti e che responsabilità non vuole dire seriosità giansenista. Andare al voto con un mese di anticipo non è grave, una volta approvata la legge di stabilità, e sparigliare le carte permette al centro destra di riacquistare visibilità politica, persa da mesi tra personaggi di secondo piano e a favore della diatriba interna Renzi-Bersani (che non sono così distanti tra loro).
Purtroppo, Berlusconi dovrebbe anche sapere che lui medesimo è “bruciato”. La lobby internazionale non gli ha perdonato di non appartenerle e lui stesso è riuscito già due volte a far fallire ogni promessa occupandosi troppo di amici/che e nemici/che personali. Ora che ha fatto saltare il tavolo sarebbe intelligente se proponesse e appoggiasse lui un leader qualsiasi pulito, giovane ma non troppo, intelligente ma non di sinistra, non un professore universitario. E insieme al leader tutti volti nuovi, spazzando via quella corte di lacchè tanto prona quando era al potere quanto pronta ad abbandonarlo nel giorno della sconfitta.
Se avesse per una volta il coraggio di fidarsi di qualcuno fino in fondo, restituirebbe agli italiani la vivibilità dello spazio politico della maggioranza silenziosa e lavoratrice.
Altrimenti recupererà i voti di qualche fan, farà girare tutte le notizie intono a sé come negli ultimi vent’anni, ma non costruirà nulla per il futuro che dal punto di vista culturale sarà inevitabilmente dei Vendola e dei Monti.

Torpedine