Terremoto 2009, concorso di colpa. Cosa manca a questa giustizia?

Terremoto 2009, concorso di colpa. Cosa manca a questa giustizia?
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Nelle aule di Tribunale viene accertata la verità giuridica e non quella dei fatti. Quindi non ciò che è stato ma solo ciò che può dimostrarsi. 

È un mantra che si impara prima ancora di diventare avvocati, in modo da poter contestualizzare ciò che avviene nelle aule giudiziarie, in modo da aiutare i clienti a fare pace con quella giustizia amministrata dagli uomini.

Eppure ciò non è sufficiente a togliere il malanimo e finanche il rigetto per la sentenza emessa oggi dal Tribunale Civile de L’Aquila dove, nella causa intentata dai familiari di alcune delle vittime del terremoto che colpì l’Abruzzo del 2009, la condanna dei responsabili è stata mitigata riconoscendo alle vittime un concorso di colpa nella misura del 30% per non essere fuggite nella notte di quel 6 aprile, dopo le prime scosse precedenti quella fatale.

L’errore è duplice: giuridico ed umano.

L’avvocato che sono riconosce l’errore grossolano nel vedere un nesso di causalità tra un’azione umana e un successivo evento naturale definito imprevedibile: qualsiasi minima nozione di logica abbiate vi ricorderà che non posso essere ritenuto responsabile di una conseguenza che non posso prevedere.

La donna che sono vede l’orrore di una giustizia che non si basa più solo sul principio della verità giudiziale ma sull’autoreferenzialità di giudici, spesso dimentichi di in nome di chi amministrano quella giustizia.

Non è un principio astratto, ha a che fare con l’uomo, si tratta della vita di ognuno di noi.

E se riguarda l’uomo non può perdere il suo nesso con la realtà altrimenti anche il ragionamento giuridico perfetto (e non è questo il caso) non potrebbe mai essere giusto e non potrebbe mai essere percepito come buono, come ricordava Eliot ne I Cori de La Rocca “Sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono.

Ostrica